Professione

Commercialisti, l’appello dei sindacati per aiutare i più giovani

Presentate ai parlamentari proposte sulla fiscalità e sui percorsi formativi

di Giovanni Parente

L’Italia non è un Paese per giovani, si sa. Ma ora c’è un’emergenza lampante anche nelle professioni e non solo per il calo delle iscrizioni. Il tema è stato posto con forza anche nel documento congiunto che i sindacati dei commercialisti hanno presentato alla presenza dei parlamentari di maggioranza e opposizione. Il “manifesto” di Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Sic, Unagraco, Unico e Ungdcec entra in pieno dibattito sulla delega fiscale, su cui proprio mercoledì 31 maggio la commissione Finanze della Camera presieduta da Marco Osnato (Fratelli d’Italia) ha votato le inammissibilità degli emendamenti (quattro), ma pone una serie di questioni che riguardano l’operatività quotidiana e le prospettive del ruolo del commercialista.

Ridefinizione dei rapporti con l’agenzia delle Entrate, razionalizzazione nell’invio dei controlli automatizzati (evitando così l’invio di avvisi sbagliati), rispetto dello Statuto del contribuente in generale e sulle comunicazioni dei correttivi Isa in particolare (con una richiesta di proroga dei versamenti in scadenza il 30 giugno), no all’estensione ai tributaristi della competenza ad apporre il visto di conformità, i ritardi nella pubblicazione del software per l’accesso al bonus Sud 2023 e le politiche per la tutela e il rilancio della professione di commercialista. Sono questi i principali punti messi all’ordine dei giorno dai sindacati dei commercialisti.

Con uno scenario ben chiaro che è stato prospettato ai parlamentari: intervenire a supporto dei colleghi più giovani. «L’avvento della flat tax, di fatto, se non estesa alle strutture associate, con multipli dei limiti, allontana - come spiega il documento - ogni processo di aggregazione degli studi, anche interprofessionali, la quale potrebbe costituire il perno più importante per contrastare il progressivo avanzamento dell’intelligenza artificiale nella sostituzione di servizi professionali semplici». Risorse umane da impiegare negli stessi. Cosa fare allora? «Per bilanciare un sistema fiscale che premia, di fatto, la disgregazione, dovranno essere ripensati i percorsi formativi specialistici del biennio universitario (le specializzazioni devono essere comprese in un sistema formativo inserito nell’alveo del biennio, riducendo anche i tempi di accesso al mondo del lavoro libero professionale) e la duplicazione del contributo previdenziale integrativo tra il professionista e la Stp a cui appartiene, la cui obbligatorietà genera un effetto distorsivo».

Dalla politica sono arrivate le prime risposte. Tra gli esponenti intervenuti, Alberto Gusmeroli (Lega), uno dei due relatori del Ddl delega fiscale, ha ricordato che tra gli emendamenti presentati dal proprio gruppo c’è l’estensione della mini flat tax fino a 85mila euro per studi associati, società di persone e Stp fino a 35 anni. Ma anche per aiutare i professionisti «vogliamo portare a casa la rateizzazione dell’acconto di novembre e ridurre la ritenuta d’acconto». Nella maggioranza, Andrea de Bertoldi (Fratelli d’Italia) ha voluto sottolineare che «la riforma prevede la riduzione della tassazione delle casse di previdenza dei liberi professionisti» e ha difeso l’abolizione del superbollo auto («la ricchezza va fatta avvicinare per far crescere il Pil»). Mentre, nell’opposizione, Luciano D’Alfonso (Pd) ha evidenziato che «non ci possono essere oneri disincentivanti» sull’interpello e «dovremmo consentire il ricorso a questo strumento semplicemente». Emiliano Fenu (M5S) ha posto l’accento sul principio della non duplicazione delle richieste di dati già in possesso della pubblica amministrazione.

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