Professione

In arrivo l’equo compenso ma varrà solo per 78mila soggetti

Le garanzie di una remunerazione giusta e proporzionata al lavoro svolto scatteranno per 27mila pubbliche amministrazioni e 51mila aziende private con soglie alte di fatturato e dipendenti

di Valentina Maglione e Valeria Uva

Sono poco meno di 80mila le aziende e le pubbliche amministrazioni alle quali si applicherà l’equo compenso verso tutti i professionisti e i consulenti.

In modo pressoché automatico l’obbligo di rimanere negli intervalli di compensi indicati dai parametri, categoria per categoria, varrà per le oltre 27mila tra amministrazioni pubbliche locali, centrali e loro società partecipate. Mentre scatterà solo al superamento di determinate soglie di fatturato e dipendenti per le aziende private.

Incrociando i dati di Inps e Registro imprese con il censimento delle Pa e delle partecipate si può già cominciare a delineare il perimetro dell’equo compenso: sono poco più di 78mila i soggetti che hanno i requisiti per rientrare tra quelli tenuti ad applicare la nuova legge. Per l’esattezza più di 33mila (su un totale che sfiora i sei milioni) sono le imprese private che superano il primo requisito, ovvero la soglia dei 50 dipendenti, oltre la quale l’equo compenso sarà obbligatorio. Mentre per altre 35.165 l’equo compenso scatterà in base al fatturato che, in base all’ultimo bilancio depositato in Camera di commercio, dovrà superare i 10 milioni (anche qui su un totale di circa un milione di società di capitali tenute a depositare il bilancio). A queste due voci vanno sottratte oltre 18mila aziende presenti in entrambe le categorie perché in possesso dei due requisiti in contemporanea. Mentre qualcun’altro potrebbe aggiungersi tra le imprese individuali non censite dal Registro imprese, ma, viste le soglie di requisiti abbastanza alte, si tratta in ogni caso di numeri poco significativi.

Senza contare che banche e assicurazioni già tenute al rispetto dei parametri rientrano, di fatto, nel perimetro dei 78mila soggetti per le loro dimensioni.

La legge sull’equo compenso, che rende nulle tutte le clausole che violano le “tariffe” dei parametri o sono vessatorie, è senz’altro un primo, importante, traguardo per tutti i professionisti, da quel 2006, anno in cui furono liberalizzate le tariffe. Ma certo visti questi numeri, la legge avrà un ambito di applicazione ancora ristretto in una realtà come quella italiana caratterizzata da un tessuto di piccole e piccolissime imprese.

Le nuove regole

Il disegno di legge (prima firmataria la premier, Giorgia Meloni) è alle battute finali: già approvato a gennaio alla Camera in prima lettura e il 22 marzo al Senato in seconda lettura, è ora tornato a Montecitorio per un terzo esame, reso necessario dalla modifica “tecnica” fatta a Palazzo Madama, che ha sostituito nel testo il riferimento al procedimento sommario di cognizione (abrogato dalla riforma del processo civile) con quello al neo-introdotto procedimento semplificato di cognizione. La proposta di legge è stata assegnata nei giorni scorsi alla commissione Giustizia della Camera e la maggioranza conta su una rapida approvazione definitiva, senza ulteriori modifiche. Ma non mancano le pressioni per ritoccare in più punti il testo, soprattutto da parte delle associazioni che paventano un ruolo dominante degli Ordini nell’applicazione della legge.

IL PERIMETRO

I compiti degli Ordini

In effetti, nell’applicazione concreta gli Ordini ricopriranno un ruolo centrale: dovranno rivedere il Codice deontologico inserendo sazioni per il professionista che consegna un preventivo non equo e – si legge nel testo – non «proporzionato alla prestazione professionale richiesta e determinato in applicazione dei parametri». In più saranno gli “arbitri” di ultima istanza per valutare la congruità delle parcelle: emetteranno infatti, se richiesti, un parere di congruità sulle parcelle per i professionisti che si rivolgono al giudice contro i compensi fuori norma. Il parere varrà anche come titolo esecutivo per riscuotere il compenso, se il debitore non si opporrà entro 40 giorni dalla notifica del parere stesso.

I parametri

I parametri previsti dai decreti ministeriali, categoria per categoria, saranno l’architrave su cui si basa l’equo compenso. Ma qui in sede di prima applicazione ci sarà da fare un grande lavoro di aggiornamento. Infatti, esclusi quelli per gli avvocati, appena rivisti a ottobre scorso, tutte le altre categorie partiranno da compensi vecchi anche di dieci anni: da aggiornare anche per coprire nuove attività.

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