Imposte

Niente esenzione Iva per l’intervento estetico senza finalità curative

Il Mef in risposta a un’interrogazione in commissione al Senato precisa che sono necessari il requisito oggettivo e quello soggettivo relativo all’effettuazione da parte di professionista sanitario

L’esenzione Iva delle prestazioni sanitarie non è applicabile agli interventi sanitari e chirurgici aventi pura finalità estetica e non curativa, anche se l’intervento è interamente eseguito da un medico chirurgo. Lo ricorda il ministero dell’Economia nella risposta all’interrogazione 3-03094 fornita giovedì 10 marzo in commissione Finanze al Senato.

Le norme Iva – italiane e Ue – fissano due requisiti per l’esenzione delle prestazioni sanitarie: uno oggettivo (deve trattarsi di prestazioni di «diagnosi, cura e riabilitazione») e uno soggettivo (debbono essere erogate «nell’esercizio di professioni sanitarie soggette a vigilanza»). L’esenzione spetta solo quando ricorrono entrambi i requisiti.Sotto il profilo oggettivo, in particolare, prassi amministrativa e giurisprudenza nazionale ed unionale sono univoche: «le operazioni di chirurgia estetica» e i «trattamenti di carattere estetico» sono esenti se hanno lo scopo di trattare o curare persone che ne abbiano bisogno a seguito di malattia, trauma o handicap fisico congenito. Solo in tal caso, infatti, sono considerate «cure mediche»; se, al contrario, lo scopo è puramente cosmetico non si tratta di una cura e, quindi, manca il presupposto oggettivo (si vedano, ad esempio, Corte di giustizia Ue C-91/12 e Cassazione 27947/2021).

L’esenzione spetta infatti solo per prestazioni «il cui scopo principale è quello di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone» (sentenze Corte Ue C-307/01 e C-212/01) e a tal fine non basta la semplice convinzione soggettiva di chi si sottopone all’intervento estetico: la valutazione, che ha carattere medico, deve basarsi su constatazioni svolte da personale qualificato a tale scopo (sentenza C-91/12).

Che l’intervento sia svolto da soggetti appartenenti al corpo medico abilitato è necessario, ma non sufficiente: deve ricorrere anche il requisito oggettivo della funzione curativa (nel senso di guarigione, ma anche prevenzione della malattia).

La sentenza Cassazione 6572 del 28 febbraio 2022 afferma che qualora tali prestazioni abbiano lo scopo di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute o di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone: circostanza non sempre facile da accertare in concreto e a tal fine la giurisprudenza esige che sia in gioco la salute fisica o psichica, e non solo una personale esigenza estetica (cioè ... il semplice desiderio di migliorare il proprio aspetto).

Sotto il profilo soggettivo, per le qualifiche si fa riferimento alla normativa interna di ciascun paese (articolo 132 direttiva 2006/112/CE). La risposta del ministero dell’Economia richiama l’articolo 10, n. 18) del decreto Iva, che menziona professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’articolo 99 del Tullss ovvero individuate con decreto del ministero della Salute di concerto con il Mef: ma la normativa sanitaria e la giurisprudenza europea si sono nel frattempo evolute e, pertanto, non è strettamente necessario che sia previsto un esame di stato o un albo professionale: è sufficiente – sempre secondo la corte Ue - che si tratti di un soggetto che dispone di una adeguata formazione specifica per la prestazione sanitaria, riconosciuta dalle norme nazionali (in Italia è il caso, ad esempio, del farmacista vaccinatore di cui all’articolo 5, comma 4-bis, del Dl 105/2021).

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