Contabilità

Il buon bilancio è il cardine per gli effetti sulla tassazione

L’agenzia delle Entrate ricostruisce la gerarchia tra contabilità e fisco. I costi a conto economico senza utilità pluriennale sono subito deducibili

di Alessandro Germani e Franco Roscini Vitali

Per la deducibilità dei costi di transazione conta la corretta contabilizzazione, venendo riaffermato il principio di derivazione dal bilancio sia per i soggetti Oic che per quelli Ias adopter. È questa l’importante risposta delle Entrate n. 166 del 6 aprile scorso che ribadisce la centralità del bilancio. Ma vediamo in quali termini.

La questione è ricorrente, perché spesso ci si ritrova dinanzi a componenti di costo la cui deducibilità fiscale varia a seconda della modalità di contabilizzazione. Infatti, se il costo è considerato di esercizio esso, in presenza degli ordinari requisiti di competenza e di inerenza, potrà essere immediatamente dedotto; viceversa, la sua deducibilità verrà rinviata nel tempo se capitalizzato come spesa relativa a più esercizi (articolo 108 del Tuir) o non vi sarà affatto se portato a incremento del costo della partecipazione, che ridurrà semmai in futuro la tassazione della plusvalenza, piena (articolo 86 del Tuir) o limitata per la Pex (articolo 87 del Tuir) in base ai requisiti della cessione della partecipazione. È evidente che in tali casi la logica fiscale può confliggere con quella civilistica, perché sono motivate da ragioni opposte. Dal punto di vista civilistico, infatti, il timore è sempre quello di evitare fenomeni di annacquamento del capitale che possono sorgere nelle ipotesi in cui un costo viene capitalizzato, in assenza di utilità pluriennale, in quanto così vengono meno dei costi a conto economico e le connesse perdite. Ed è proprio il motivo per cui il legislatore ammette la capitalizzazione dei costi solo nell’ipotesi in cui ci sia il requisito dell’utilità pluriennale. La logica del fisco è invece diametralmente opposta, in quanto le esigenze di gettito (immediate) vogliono evitare che si deduca immediatamente tutto nell’ipotesi in cui, invece, il costo riverberi i propri effetti anche per il futuro. Chiaramente in molte circostanze ci si trova davvero di fronte a sfumature di grigio. Ma allora come uscirne correttamente? Mai come in questi casi viene in soccorso il principio di derivazione dell’imponibile fiscale dal bilancio, motivo per cui è la corretta contabilizzazione dei fatti di gestione che deve guidare rispetto ai naturali effetti (sempre conseguenti) a livello di tassazione. Quindi se contabilmente quello è un costo, allora è corretto che sia anche integralmente dedotto; se viceversa presenta i canoni di un’utilità pluriennale, ben venga la sua capitalizzazione e la sua deducibilità rinviata.

In questo contesto è da salutare con favore la risposta n. 166, che affronta proprio un caso del genere. Nell’ambito di un’operazione societaria che ha a che fare con un delisting e con l’intervento di fondi, si assiste a una fusione inversa in cui la controllata ha incorporato il veicolo. Ci sono dei rilevanti costi di transazione che Beta, società che redige il bilancio in forma abbreviata ex articolo 2435-bis del Codice civile, ha imputato a conto economico fra i servizi in B7 e dedotto. Lo stesso dicasi per i costi del 2021 contabilizzati in prima battuta da Beta ma finiti poi in Alfa, che ha incorporato Beta con retrodatazione degli effetti contabili e fiscali della fusione e che redige il bilancio secondo i principi internazionali. Per Beta, in quanto soggetto Oic che applica la derivazione semplice dal bilancio (e non rafforzata essendo un soggetto che redige il bilancio abbreviato) deve comunque valere il comportamento bilancistico, che ha condotto all’iscrizione dei costi in B7. Ciò è stato avallato dalla società di revisione ma è confortato da un parere pro veritate di natura contabile che evidenzia proprio come il driver della contabilizzazione – fra conto economico e stato patrimoniale – dipenda dall’utilità o meno pluriennale. Poiché i costi di transazione non ne hanno, è giusto che siano allocati a conto economico. D’altronde questo comportamento vale anche per l’incorporante Ias, vuoi perché nel 2021 quei costi sono stati sempre in primis contabilizzati da Beta, vuoi perché per un soggetto Ias adopter i costi di transazione in base all’Ifrs 3 non potranno mai essere capitalizzati ma solo spesati. L’Agenzia ricorda come per le microimprese viga la derivazione semplice, mentre per gli altri soggetti Oic e per quelli Ias la derivazione rafforzata. E ricorda quindi come la corretta contabilizzazione guidi anche i risvolti fiscali, motivo per cui se non c’erano le condizioni per capitalizzare i costi gli stessi andranno a conto economico e saranno anche deducibili. Ciò sia per il 2020 sia per il 2021, quindi anche per l’incorporante Ias adopter. È il caso di evidenziare che, in presenza di corretta applicazione delle regole contabili come presupposto imprescindibile, il principio di derivazione è in grado di semplificare molte conseguenze di ordine fiscale.

Il riepilogo

La logica di bilancio. Il legislatore civilistico in presenza di costi ad utilità pluriennale si preoccupa che questo requisito sussista realmente. In mancanza di ciò, infatti, avviene che si vadano a capitalizzare dei costi che altrimenti sarebbero da contabilizzare a conto economico andando ad incrementare la perdita dell’esercizio. Per evitare ciò si potrebbe tendere a sospendere i costi e le connesse perdite. Quindi il timore sul piano civilistico è relativo a dei fenomeni patologici di annacquamento del capitale.

La logica del fisco. Differenti sono invece le finalità e i timori del legislatore fiscale, che si preoccupa che determinate manovre di bilancio non conducano a sottrarre l’imponibile dalla tassazione o comunque a rinviare questa tassazione. Pertanto la logica è diametralmente opposta, in quanto il fisco teme che contabilizzando dei costi a conto economico ciò comporti l’effetto di abbattere gli utili dell’esercizio e di ridurre di conseguenza la tassazione.

Il principio di derivazione. La derivazione semplice che è propria delle microimprese è divenuta una derivazione rafforzata tanto per i soggetti Oic (differenti dalle microimprese) quanto per quelli Ias adopter. Ciò comporta che, al di fuori di casi particolari e in presenza di una corretta contabilizzazione, l’iscrizione in bilancio debba guidare anche i conseguenti risvolti fiscali. Peraltro questo principio consentirebbe di superare proprio la divergenza fra bilancio e fisco, stabilendo la supremazia del primo.

La risposta a interpello. Nella risposta 166 relativa a dei costi di transazione il contribuente ha optato per l’iscrizione a conto economico basata sul giudizio del revisore e in presenza di un parere contabile che supporta l’assenza di utilità pluriennale di questi costi. L’Agenzia conferma che in tale situazione sia nel bilancio della microimpresa sia in quello Ias dell’incorporante vigendo il principio di derivazione è ammessa la deduzione dei costi imputati a conto economico.

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