Imposte

La registrazione ai fini Iva blocca il reverse charge

Due recenti sentenze della Corte Ue affermano che potrebbe bloccarsi l’inversione contabile. E nel caso della vendita di un immobile verrebbe meno la possibilità di scegliere per l’imponibilità

di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

La registrazione ai fini Iva può bloccare il funzionamento del meccanismo dell'inversione contabile. E far venir meno la possibilità di scegliere per l'imponibilità, nel caso di una vendita di immobili. Lo ha affermato la Corte Ue con le recenti sentenze sulle cause C-146/21 e C-56/21.

Limitandosi alle loro conclusioni, parrebbe che il numero di identificazione Iva del soggetto passivo assuma valenza sostanziale più che formale e la sua carenza si rifletta sul trattamento fiscale dell'operazione. Ma dall'iter logico-giuridico seguito dalla Corte si deduce che ciò vale a condizione che il diritto di neutralità in primis non sia pregiudicato.

La causa C-146/21 era su un recupero di Iva in capo a una società rumena che, priva di numero di identificazione, ha fatturato vendite di legname in reverse charge. Secondo l'amministrazione finanziaria, sulla base della norma nazionale, l'inversione contabile è subordinata alla condizione che sia il fornitore sia l'acquirente siano previamente identificati ai fini Iva. Per la Corte, l'identificazione nonché l'obbligo per il soggetto passivo di dichiarare inizio, variazione e cessazione attività sono solo requisiti formali utili ai fini del controllo fiscale e non possono mettere in discussione il diritto alla detrazione (se ne sono soddisfatti i requisiti sostanziali). Quindi resta valido il principio per cui un soggetto passivo deve poter esercitare il suo diritto alla detrazione anche se non è registrato ai fini Iva prima di utilizzare i beni acquisiti nella sua attività imponibile (sentenza C-358/20). La Corte - e questo è il punto più interessante della sentenza - disapplica il principio al caso di specie, considerato che il diniego di reverse charge non pregiudicherebbe né il diritto alla detrazione Iva né, di conseguenza, la neutralità fiscale: una fatturazione errata dell'Iva al momento del fatto generatore (come nel caso in cui la fattura è emessa senza indicare l'imposta) non può essere sufficiente, di per sé, a privare il destinatario del diritto alla detrazione.

Anche nella causa C-56/21 le autorità fiscali (lituane, questa volta) contestavano l'erronea applicazione dell'Iva ad una vendita di un bene immobile a favore di un soggetto che, al momento in cui l'operazione è effettuata, non risulta registrato ai fini Iva. In tale circostanza, secondo la normativa nazionale, il venditore non potrebbe optare per l'imponibilità e, considerata l'esenzione quale corretto regime da applicare all'operazione, dovrebbe rettificare la detrazione dell'Iva a monte.

È, dunque, in discussione se una norma interna può subordinare il diritto di optare per l'imposizione alla condizione che l'acquirente, soggetto passivo d'imposta, sia registrato. La soluzione, questa volta, la si rinviene nell'articolo 137 della direttiva Iva: la norma conferisce agli Stati membri non solo la possibilità di concedere ai loro soggetti passivi il diritto di optare per l'imposizione di talune operazioni espressamente previste, ma anche il potere di restringere la portata di tale diritto fino a sopprimerlo. Ma, precisa la Corte, tale potere discrezionale va usato dagli ordinamenti nazionali nel rispetto dei principi e degli obiettivi della direttiva Iva, in particolare del principio di neutralità e di corretta ed uniforme applicazione delle esenzioni.

Anche in questo caso la Corte riconosce la centralità del principio per cui l'identificazione ai fini Iva è solo un requisito formale che non può pregiudicare il diritto alla detrazione; di nuovo, però, lo ritiene irrilevante per il caso di specie poiché esso riguarda non il diritto alla detrazione dell’acquirente non ancora registrato al momento dell’acquisto del bene immobile in questione, bensì le modalità dell’esercizio, da parte del venditore, del suo diritto di optare per l’imposizione dell'operazione di cessione. Di conseguenza, poiché non si realizza nessun pregiudizio alla neutralità dell’Iva, la suddetta normativa interna risulta compatibile con il diritto dell’Unione. In tali circostanze, il venditore è tenuto a rettificare l'Iva pagata a monte sull'immobile.

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