Professione

Demanio: a Carpino l’eredità di oltre 33mila beni

di Saverio Fossati

Il Demanio da decenni cerca, facendo i conti con un organico di mille persone, di gestire, utilizzare, cedere o mettere a reddito 30.285 fabbricati e 12.900 aree, per un valore ufficiale di oltre 60 miliardi. Valore teorico perché, se è vero che si tratta di stime catastali che superano di poco la metà di quelle di mercato, è altrettanto vero che si tratta di immobili al 62% appartenenti al «patrimonio indisponibile», cioè in uso gratuito alla Pa, al 16% al demanio storico-artistico e solo al 22% al patrimonio disponibile, cioè vendibile o affittabile.

I compiti più gravosi cui è chiamato il Demanio, e quindi il neodirettore Riccardo Carpino, sono due. Anzitutto la razionalizzazione delle locazioni passive: spostare gli uffici della Pa dai costosi immobili privati in affitto a quelli, vuoti ma spesso inagibili, di proprietà pubblica. Disdire contratti e riqualificare edifici pubblici in pessimo stato è un’operazione che ormai dura da un decennio. Tra l’altro si deve aspettare sino al 2o22 perché finisca la costosissima operazione Fip (epoca Tremonti), quando immobili di pregio vennero ceduti a privati per far cassa ma a patto che venissero affittati a salatissimi canoni dalla Pa.

Poi ci sono le dismissioni/valorizzazioni, ora anche degli enti locali. Un gioco complicato, dove i pezzi migliori sono ormai andati con le operazioni a regia Cdp nel 2016-2017 e restano le famose caserme per le quali nessun grosso investitore, spaventato dalle umoralità degli enti locali e della normativa farraginosa, vuole impegnarsi.

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