Professione

Intervista / Vincenzo Moretta: «Tirocinio come stage e poi aggregazioni per agevolare i giovani»

Candidato al Cndcec, con la lista «Insieme per la professione del futuro: innovare per competere»

di Maria Carla De Cesari

Anche per la professione di commercialista è emersa, negli ultimi tempi, una certa disaffezione da parte dei giovani. I rimedi?

Comunicare l’immagine di una professione “affascinante” è il primo investimento imprescindibile per il futuro della nostra professione. Una campagna di informazione adeguata e facilitazioni nell'accesso al tirocinio, anche attraverso contributi e borse di studio, avvicineranno nuovamente i giovani verso la professione del commercialista. Inoltre servirà promuovere lo sviluppo della professione in ambiti lavorativi nuovi attraverso corsi di formazione gratuiti dedicati ai più giovani, anche per adeguare l'offerta del professionista alle specifiche esigenze del tessuto imprenditoriale locale, formando competenze maggiormente aderenti alle esigenze del territorio di riferimento. Un altro aspetto riguarda le iniziative per favorire l'aggregazione professionale che per i più giovani rappresenta uno strumento che favorisce la specializzazione e riduce i costi di gestione degli studi. Sul fronte del tirocinio è necessario che in tutte le regioni, non solo in alcune, la pratica professionale sia equiparata, ai fini dei contributi Ue, agli stage aziendali, in modo che la scelta di un giovane, tra andare in azienda e intraprendere la libera professione, sia veramente libera e non vincolata da motivi economici.

Come pensa di disciplinare le specializzazioni? Ci saranno limiti per i giovani?

Le specializzazioni devono passare per le Saf e quest'ultime vanno rilanciate e rafforzate, anche attraverso le istanze di riconoscimento normativo dei percorsi formativi, sia per i nuovi iscritti sia per coloro che li hanno già proficuamente conclusi. Per far partecipare i giovani alle Saf ci saranno incentivi e nessuna barriera di accesso alle specializzazioni. Per i giovani, inoltre, saranno da attuare tramite le Università i corsi di laurea specialistici mirati alla libera professione.

È necessario, anche in relazione alle specializzazioni, stabilire delle riserve?

Parlare di specializzazioni senza riserve è un ossimoro. Le specializzazioni sono il passaggio obbligato per ottenere le riserve, altrimenti non si tratta di specializzazioni, ma di mere competenze verticali riconosciute dal mercato. Ma se si tratta di specializzazioni, quindi normativamente riconosciute, il concetto di riserva è necessariamente incluso. L'81% dei modelli Unico società di capitali sono inviati al Fisco dai commercialisti, cosi pure il 70% dei modelli Unico società di persone e il 73% dei modelli Unico enti non Commerciali. Senza dimenticare che senza i commercialisti la digitalizzazione del Fisco, in primis attraverso la fatturazione elettronica, non si sarebbe mai attuata. È evidente che siamo gli interlocutori primari del sistema fiscale e questo nostro apporto costante non può che essere riconosciuto attraverso delle esclusive per materia.

La formazione continua: pensa a modifiche per sburocratizzare questo obbligo?

La materia prima della nostra professione intellettuale è la conoscenza e i nostri studi sono delle vere e proprie “fabbriche dell'immateriale” perché producono valore attraverso la conoscenza. La formazione professionale continua alimenta il serbatoio del sapere e il patrimonio di conoscenze che rappresenta il nostro capitale, oltre alle relazioni. Dobbiamo lavorare per migliorare l'accesso alla conoscenza, attraverso la formazione, rendendola più fruibile agli iscritti, mirata e immediatamente spendibile sul mercato. La formazione di qualità serve affinché il nostro Albo sia l'unico per tutte le attività previste dal nostro ordinamento professionale: la proliferazione degli elenchi e dei registri degli abilitati per specifiche attività deve essere contrastata con forza o almeno dobbiamo rivendicarne la gestione anche dal punto di vista formativo.

La gestione del sistema dei crediti da parte degli Ordini deve essere per tutti digitalizzato, per evitare di sprecare risorse in attività a basso valore aggiunto e certamente non possiamo impegnare Consigli di disciplina per qualche credito non maturato.

Il rapporto con le casse professionali di riferimento: quale ruolo secondo lei dovrebbero esercitare a sostegno della professione?

Le Casse devono occuparsi esclusivamente di assistenza e previdenza, non di altro, men che meno di politica della professione. Nella loro attività di assistenza è opportuno che prevedano, una Cassa già lo fa, sostegni a favore dei giovani nella fase di start-up. Sicuramente possono fornire delle risorse per l'attuazione dei programmi coordinati di supporto allo sviluppo delle attività professionali, nelle attività strategiche di sostegno agli iscritti, nelle politiche di favore verso tutte le diverse fasce di assistiti e di sostegno finanziario degli investimenti degli Ordini.

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