Il CommentoControlli e liti

Meglio separare chi accerta da chi interpreta le norme

di Giorgio Gavelli

Sia il contenuto che la modalità con cui è stata diffusa l’interpretazione delle Entrate sul regime transitorio dei dividendi costituiscono l’ennesimo campanello di allarme di un sistema che andrebbe rivisto. Sulla estrema opinabilità delle motivazioni addotte sembra inutile soffermarsi (si veda l’articolo di Nt+ Fisco). Pretendere di trasformare in via interpretativa il participio “deliberate” con “distribuite” equivale a cercare di convincere che l’emissione della fattura equivale al pagamento della somma richiesta, soprattutto in presenza di un comma 1006 che costituisce espressa deroga ai commi precedenti, dove il legislatore ha utilizzato più volte (e scientemente) la parola “percepiti”.

Sul fatto che questa conclusione si legga in una risposta a interpello non pubblicata – a fronte delle oltre 400 risposte ufficiali pubblicate finora nel 2022, spesso su temi molto più marginali – andrebbe fatta più di una riflessione. Così come meriterebbe attenzione il fatto che la norma interpretata risale a dicembre 2017 e che, a pochi mesi dalla cessazione del termine fissato dal legislatore, le imprese hanno già da tempo pianificato i propri percorsi deliberativi e finanziari. Molte (prudentemente) accetteranno ciò che si stenta a comprendere, altre manterranno le proprie decisioni e, magari, proprio le più incaute e combattive si vedranno premiate in giudizio.

Il vero punto è: perché si arriva a questo estremo? Riteniamo che il problema si annidi in un aspetto già più volte evidenziato al nostro Governo da parte dei competenti organi comunitari: l’anomalia di mantenere l’attività interpretativa in capo allo stesso ente titolare dell’accertamento. Solo così si può arrivare (non a giustificare ma, almeno, a comprendere) la conclusione a cui è pervenuta l’Agenzia: per i verificatori distinguere tra le varie distribuzioni è più semplice che rincorrere le varie delibere, con tutti i problemi derivanti da delibere tardivamente registrate o non registrate per nulla.

Il legame tra interpretazione e accertamento (e conseguente contenzioso) è anche alla base della recente risoluzione 41/E/2022, con cui si pretenderebbe di stabilire (oggi) cosa si intendeva nel 2019 per “ricerca e sviluppo” in particolari settori, rifacendosi a un parere del Mise dell’aprile 2022.

La morale è che la meritoria opera interpretativa dell’amministrazione finanziaria – che raggiunge il culmine quando collabora con altri organi, si vedano le utilissime circolari 24/E e 28/E del 2022 – risulta compromessa quando, volendo indirizzare le verifiche e influenzare il contenzioso, piega le norme al risultato che si intende ottenere. Causando spesso più problemi di quelli che si intenderebbe evitare.