Imposte

Verifiche di transfer pricing, rivisti i punti di intervallo

Nei valori di libera concorrenza tutti i valori si devono considerare validi. L’abitudine dell’Ufficio di porsi sulla mediana dovrebbe venire meno

di Alessandro Germani

La circolare 16/E del 24 maggio 2022 affronta la tematica dell’intervallo dei valori di libera concorrenza e chiarisce che normalmente tutti i punti di un intervallo, sia esso pieno o ristretto (determinato su basi statistiche), devono considerarsi validi.

Ciò comporta, come conseguenza, che nelle verifiche di transfer pricing (Tp) l’abitudine dell’Ufficio di porsi in automatico sulla mediana dovrebbe venir meno. Ma vediamo i punti rilevanti della circolare.

Una volta che a livello normativo ha fatto il proprio ingresso il principio di libera concorrenza che sostituisce il valore normale nella disciplina di Tp, occorre determinare l’intervallo di valori di libera concorrenza di un prezzo.

Esso viene individuato attraverso i metodi principali, come il confronto di prezzo, il prezzo di rivendita, il cost plus o quelli reddituali come il Tnmm (margine netto della transazione) o il profit split (ripartizione degli utili).

Lo stesso Dm 14 maggio 2018 si rifà alle Linee guida Ocse, richiamate anche nella circolare 16/E.

È utile tuttavia una premessa. Ci si trova nell’ambito di una materia che, per definizione, presenta notevoli sfumature. Quindi dipende anche da come viene costruito l’intervallo. Ad esempio, se si ricorre al Tnmm, è verosimile che si utilizzi una banca dati per verificare le ipotetiche transazioni comparabili. Qui diventa fondamentale il codice attività scelto, le soglie di fatturato dei potenziali comparables, l’individuazione del triennio di osservazione. Sono tutti elementi che possono fare la differenza in un senso o nell’altro. E su questi la circolare in commento non si è espressa.

Ma la recente sentenza della Cassazione 15668 del 9 marzo 2022 (si veda Il Sole 24 Ore del 18 maggio 2022) ha sancito che occorre scendere nel merito di tali aspetti nell’ambito di una controversia di Tp. Quindi in una logica di confronto fra Agenzia e contribuente non guasterebbe anche un documento che mettesse nero su bianco tali procedure.

Richiamando le linee guida Ocse, l’Agenzia distingue i casi in cui si abbia un intervallo di valori tutti di libera concorrenza (cosiddetto full range) rispetto a un intervallo ristretto, ottenuto con metodi statistici, quando ad esempio le transazioni siano molteplici. La logica del metodo statistico è infatti quella di tagliare gli estremi che possono avere minore verosimiglianza, limitando così l’errore. A questo punto si possono determinare due differenti situazioni.

L’intervallo di riferimento è il medesimo, cosicché si può discutere solo sul valore prescelto. Che può essere uno qualsiasi in caso di full range o fra primo e terzo quartile nel caso di intervallo ristretto. Questa è la situazione più semplice. Ma magari, invece, è anche la costruzione dell’intervallo di valori a divergere, e allora torniamo alle considerazioni svolte dalla recente Cassazione.

Peraltro, immaginiamo che il contribuente abbia individuato un indicatore finanziario (per esempio Ros, Roa) per l’applicazione del Tnmm e seguito un approccio “deductive” ottenendo da una banca dati i comparabili. Se è stato fatto tutto correttamente e non ci sono differenze sostanziali, di fatto si potrebbe considerare il risultato un full range, senza dover ricorrere allo scarto interquartilico, cosa che invece aiuta se i nominativi risultanti fossero parecchi. A ogni modo, come ribadito dalla stessa Agenzia al paragrafo 5, sia nel caso di intervallo pieno sia in quello ristretto tutti i valori contenuti all’interno dell’intervallo devono essere considerati conformi al principio di libera concorrenza.

L’Agenzia poi fa degli esempi di difformità di intervallo rispetto al contribuente ed evidenzia come sia nel caso di full range sia in quello determinato con metodi statistici la rettifica operata è sul primo punto di intersezione. Quindi, se il contribuente per una vendita individua un range da 80 a 120 e si pone a 80, mentre l’Agenzia identifica il range fra 100 e 120, il prezzo dovrà essere individuato a 100, con una rettifica pari a 20. È chiaro però anche qui che il problema sta a monte, ovvero come viene determinato l’intervallo, ampio o ristretto che sia. E tale problema resta.

La delicatezza della materia la si vede anche dalle conclusioni, in cui l’Agenzia afferma che il ricorso al full range deve essere effettuato solo in presenza di perfetta comparabilità. Ma questo, tuttavia, non deve dare luogo a facili scusanti. Lo stesso dicasi nel metodo statistico per i casi in cui si opti per la mediana.

E infatti si raccomanda di argomentare le rettifiche. Aggiungiamo che mai come in questo campo il confronto fra Amministrazione e contribuente deve essere il più aperto possibile.

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