Controlli e liti

Frode Iva, il recupero segue la territorialità

La causa C-641/21: con la prestazione di servizi rileva lo Stato Ue del committente

La partecipazione del prestatore di servizio a una frode Iva non può determinare un recupero a suo carico se l'imposta è territorialmente rilevante nel Paese del committente.

Ancora una pronuncia della Corte di giustizia in tema frode fiscale. La causa C-641/21 porta all'attenzione della Corte europea un'operazione di trasferimento, a titolo oneroso, di quote di emissioni di gas a effetto serra effettuata da una società (austriaca) verso un altro soggetto passivo Ue (tedesco).

Premesso che, sul piano sostanziale, l'operazione va considerata quale prestazione di servizi e non cessione di beni, la Corte osserva che, ai fini Iva, le regole applicabili in tema di territorialità dell'imposta sono quelle generali di cui all'articolo 44 della direttiva 2006/112/CE, per cui nelle prestazioni di servizi B2B l'Iva è dovuta nel Paese del committente (nel caso di specie, in Germania).

Nello specifico, il problema si pone perché le parti, sia il committente sia il prestatore, opererebbero in un contesto di frode: il primo, infatti, ha partecipato, in qualità di missing trader, alla frode «carosello» dell'Iva, mentre il secondo sapeva o avrebbe dovuto sapere che tali quote sarebbero state utilizzate per evadere l'imposta. In virtù di tale connivenza del prestatore alla frode, l'amministrazione finanziaria austriaca procede al recupero nei suoi confronti dell'Iva non versata. Secondo la Corte di Giustizia, tale pretesa non può dirsi fondata, in quanto lo Stato membro in cui è stabilito il prestatore di un servizio reso a un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro non ha alcuna competenza al fine di assoggettare la prestazione a Iva. In altre parole, il luogo di una prestazione di servizi non può essere modificato, neppure quando l'operazione considerata è viziata da una frode, a cui il prestatore partecipa.

Al riguardo, osserva la Corte, non valgono, per analogia di fattispecie, le conclusioni espresse dal medesimo consesso in tema di cessioni intracomunitarie (sentenza causa C-285/09). In riferimento a tale ultima fattispecie, era stato detto che lo Stato membro di partenza del bene può, al fine prevenire ogni possibile frode o evasione, rifiutare di concedere l'esenzione (i.e. la non imponibilità) della cessione, esistendo in riferimento agli scambi di beni intraUe una competenza fiscale suddivisa tra lo Stato membro di spedizione del bene e quello di arrivo. Lo stesso non può dirsi per i servizi, i quali territorialmente rilevano e sono soggetti a Iva, se dovuta, nel Paese membro del committente soggetto passivo d'imposta. L'esistenza della frode non può spostare il luogo della prestazione di servizi nel Paese del prestatore, in quanto ciò determinerebbe alterazioni in termini di competenze fiscali degli Stati membri coinvolti nell'operazione.

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