Finanza

Derivati nulli per i giudici se il contraente ignora l’alea

di Massimo Greco

Sono passati quasi dieci anni, era il settembre del 2013, quando la Corte d'Appello di Milano, consigliere relatore Carla Romana Raineri, dichiarava la nullità di alcuni interest rate swap, stipulati tra una banca e una società di persone. La pronuncia riteneva nullo - a quanto consta per la prima volta – un contratto derivato per difetto di causa e indeterminatezza dell'oggetto. Nullità da dichiarare in quanto la banca, al momento della sottoscrizione del contratto, non aveva comunicato al cliente il valore del mark to market e gli scenari probabilistici.

Per la Corte l'oggetto di uno swap sui tassi di interesse era rappresentato dalla «creazione di alee reciproche e bilaterali»: sicché era «inconcepibile che la qualità e la quantità delle alee, oggetto del contratto, siano ignote ad uno dei contraenti». Dunque, il contratto doveva indicare il suo valore inziale e le future prospettive di andamento dei tassi di interesse: in assenza di questi elementi era nullo.

Anche nel 2022, dopo dieci anni, la giurisprudenza maggioritaria prosegue nel condividere i principi della sentenza Raineri. Quest'anno, infatti, sono state emesse almeno 40 sentenze sul tema dalle Corti di merito, di cui oltre la metà a favore della nullità in mancanza dei due citati elementi.

Lo stesso vale per la giurisprudenza di legittimità: dopo la Cassazione 12 maggio 2020 n. 8770, quest'anno la Corte di legittimità, con sentenza 10 agosto 2022 n. 24654, ha confermato i medesimi principi.

Per quanto riguarda decisioni straniere, le sentenze recenti e conosciute che hanno coinvolto controparti italiane sono due. La prima è della Commercial Court della High Court of Justice di Londra dell'ottobre 2021 che ha confermato la validità dell'operazione, statuendo che i requisiti di validità fissati dalla Cassazione non sono applicabili qualora i derivati siano retti dalla legge inglese, anche nel caso in cui la controparte, come nella specie, sia italiana.

La seconda è una decisione sempre della High Court londinese del 14 ottobre 2022, con controparte il Comune di Venezia. La sentenza ha dichiarato la nullità del derivato ma per un profilo diverso: i giudici hanno ritenuto che per verificare la capacità di un ente pubblico italiano di sottoscrivere un contratto derivato, è necessario applicare la legge del Paese dove è stato costituito quell'ente, quindi la legge italiana. In quel contesto, la High Court ha ritenuto che il contratto con il Comune prevedeva il pagamento di un up-front e doveva quindi essere considerato un debito da destinare, per la legge italiana, solo a spese d'investimento: tuttavia tale destinazione non esisteva e quindi la Corte ha dichiarato la nullità del derivato.

L'aspetto tuttavia singolare è che anche le numerose sentenze del 2022 continuano a non precisare cosa debba intendersi per «scenari probabilistici». Questo concetto era stato ripreso, seppur genericamente, da due sentenze dell'anno scorso (Tribunale di Forlì, 27 gennaio 2021 e Tribunale di Torino, 1° febbraio 2021) ed affrontato quest'anno solamente, a quanto consta, dalla Corte d'appello di Milano (sentenza 28 marzo 2022 n. 1021). Questa pronuncia – redatta di nuovo dal consigliere Raineri - ha ritenuto che il calcolo degli scenari probabilistici sia naturalmente effettuato dall'istituto finanziario prima della commercializzazione del derivato perché è la stessa banca a valutare quanto il prodotto potrebbe rendere o perdere, valutazione poi riflessa nel bilancio.

Degli esiti di tale misurazione non resta allora - secondo la Corte - che rendere partecipe anche il cliente, affinché possa comprendere e stimare a sua volta il profilo di rischio-rendimento insito nello strumento.

Tuttavia questo elemento degli scenari probabilistici continua a essere davvero discutibile e neppure previsto dalle normative. Ed il fatto che le sentenze non siano in grado spiegarne il contenuto concreto è una conferma della sua dubbia applicabilità, soprattutto se lo si considera come elemento del contratto sotto il profilo causale e della determinabilità dell'oggetto.

Da ultimo, è bene anche ricordare che gli «scenari probabilistici» devono essere tenuti distintidagli scenari di perfomance previsti dall'articolo 48 del regolamento Ue 2017/565 richiamato dall'articolo 36 del regolamento intermediari 20307/2018 e dalla disciplina sui Priip, destinati al retail. Gli scenari di performance sono elaborati in un contesto “risk natural”, guardano al passato e si basano su dati oggettivi; gli scenari probabilistici sono, invece, elaborati in un contesto c.d. “risk neutral”, guardano al futuro e comportano spesso valutazioni fortemente discrezionali.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©