Imposte

Moda e lusso, bonus design meno ricco per «ricerca e sviluppo»

La tripartizione del credito d’imposta applicata dal 2020 ha favorito alcuni settori ma non tutti

di Carlo Maria Andò

Per le imprese operanti nel settore del lusso e della moda, più che in altri settori, il passaggio dal vecchio regime del bonus ricerca e sviluppo applicabile sino al 2019 (articolo 3 del Dl 145/2013) e quello applicabile dal 2020 (legge 160/2019) – che prevede l’articolazione del credito d’imposta in tre ambiti, ovvero ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design e ideazione estetica ha un impatto notevole.

Se, infatti, per la generalità delle imprese, la tripartizione del credito d’imposta ha consentito, perlomeno in principio, un allargamento dell’ambito applicativo del beneficio, ove, in aggiunta alle attività di ricerca e sviluppo, sempre da identificare rigorosamente in accordo ai principi del Manuale di Frascati, trovano beneficio anche altre attività di carattere innovativo in esso non inquadrabili (vedi l’innovazione tecnologica secondo il manuale di Oslo), per le maison del lusso la questione è più complessa.Tutto quello che, in base alla prassi dell'Agenzia e del ministero dello Sviluppo economico (Mise), era definibile ricerca e sviluppo nell’ambito del tessile e della moda pare ora rientrare nell'ambito applicativo del bonus design, che peraltro risulta meno premiante rispetto al bonus ricerca e sviluppo.

Partiamo dall’inizio. Ai fini dell’applicazione del precedente bonus ricerca e sviluppo, l’agenzia delle Entrate, nella circolare 5/2016, confermò sin da subito la validità delle indicazioni fornite dal Mise nella circolare 46586/2009 per il settore tessile e moda. Infatti, con riferimento al vecchio bonus ricerca e sviluppo della legge 296/2006, i tecnici del Mise chiarivano che, per tale settore, la ricerca e sviluppo fosse riconducibile:

O alla ricerca ed ideazione estetica

O alla realizzazione di prototipi, in quanto uniche attività esclusivamente dirette al processo di realizzazione di un prodotto nuovo, modificato o sensibilmente migliorato.

L’aspetto creativo, quindi, a seconda dei casi, poteva riguardare i materiali utilizzati, la loro combinazione, i disegni e le forme, i colori o ad altri elementi caratterizzanti le nuove collezioni.

Sempre il Mise, poi, con le Faq del 29 settembre 2017, confermò l’estendibilità a tutti quei settori afferenti alla produzione creativa (ad esempio, calzature, gioielleria, eccetera). Sebbene, comunque, come anche precisato dal Mise, la ricerca e sviluppo non debba intendersi esaurita nel processo di ideazione e realizzazione dei nuovi campionari, sicuramente ne costituisce la spina dorsale.

Ora, in base al Dm attuativo del nuovo credito d’imposta (Dm 26 maggio 2020), per le imprese operanti nell’abbigliamento, ma in generale in quei settori contraddistinti da collezioni periodiche come tipicamente avviene nelle maison del made in Italy, tali attività sono state sostanzialmente attratte nell’ambito applicativo del bonus design, cosicché ciò che prima configurava ricerca e sviluppo (consentendo di godere della relativa agevolazione) ora per buonissima parte risulta “declassato” ad attività innovativa meno premiante.Di certo, la presenza del bonus design non esclude, in capo ad una maison la possibilità di fruire del bonus ricerca e sviluppo: si pensi, ad esempio, agli studi per il concepimento di nuove tecniche di produzione assolutamente inedite per il settore di riferimento o lo sviluppo prototipale con riguardo a caratteristiche funzionali del prodotto, ove isolabili dal processo estetico. Né viene escluso, necessariamente, il bonus innovazione tecnologica.

Una cosa comunque è certa: per le maison del lusso, la ricerca e sviluppo sta nel processo di ideazione estetica e sviluppo prototipale, senza il quale non è possibile sopravvivere in un mercato tanto competitivo. Perché si configuri la ricerca, il manuale di Frascati richiede che le attività rispettino i requisiti di novità, creatività, incertezza, sistematicità e trasferibilità. Ebbene, assistendo al processo di ideazione estetica nessuno potrebbe mettere in dubbio che tutti e cinque i requisiti siano soddisfatti: dall’input creativo del direttore ed attraverso un articolato processo di studio e concezione delle forme, delle linee e delle cartelle colori, si arriva alla realizzazione del prototipo nella speranza che soddisfi le attese del direttore.

Si pensi, peraltro, che, dal punto di vista dell’output, i disegni e modelli, in virtù della loro unicità, sono spesso oggetto di registrazione e, in mancanza, sovente tutelabili giuridicamente ai sensi del regolamento (Ce) 6/2002, in quanto dotati dei requisiti della novità e del carattere individuale. A prescindere dalla configurazione dei crediti d’imposta tra vecchio e nuovo regime, il processo di design e ideazione estetica nel settore della moda e del lusso rimane ciò che configurava e configura tuttora il cuore della ricerca e come tale da tutelare al pari degli altri settori.

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