Professione

Commercialisti, incompatibilità con l’esercizio dell’attività d’impresa per proprio conto

L’Odcec deve verificare la sussistenza dell’interesse economico prevalente

di Nicola Cavalluzzo

L'esercizio anche non prevalente né abituale di attività di impresa per proprio conto è causa di incompatibilità con lo svolgimento della professione di dottore commercialista in base all’articolo 4, comma 1, lettera c), del Dlgs 139/2005. Per tale ragione un Ordine territoriale si è rivolto al Consiglio nazionale per chiedere chiarimenti laddove l’iscritto ricopra contestualmente l’incarico di amministratore con ampi poteri e di nudo proprietario della quota di maggioranza di una srl.

Ebbene il Consiglio nazionale dei commercialisti con il Pronto Ordine 236/2021 ha fornito importanti chiarimenti sul tema. Il Consiglio ha innanzitutto ricordato che laddove un iscritto ricopra la carica di amministratore con tutti o ampi poteri gestionali, in linea di massima potrebbe ricorrere la situazione di incompatibilità con l’esercizio della professione laddove lo stesso iscritto abbia anche un interesse economico prevalente. Come precisato nelle «note interpretative delle discipline della incompatibilità» ricorre l’interesse economico prevalente qualora l’iscritto eserciti il controllo ovvero una influenza rilevante sulla società e, contemporaneamente, l’investimento patrimoniale non sia irrilevante con riferimento al patrimonio personale dell’iscritto.

Quindi prima di giungere ad una conclusione l’Ordine dovrà verificare la sussistenza appunto di tale interesse economico prevalente in quanto l’essere nudo proprietario di una quota di maggioranza della società qualifica il professionista iscritto automaticamente quale socio in quanto tale qualifica non può essere attribuita al soggetto che detiene l’usufrutto. A tal fine sarà necessario accertare:

O se l’iscritto possa esercitare il diritto di voto e gli altri diritti amministrativi tenuto conto che normalmente tali diritti spettano all’usufruttuario;

O a chi spetti il diritto agli utili che normalmente è di competenza dell’usufruttuario;

O la presenza di rapporti di parentela, coniugio o di convivenza risultante dallo stato patrimoniale tra il nudo proprietario e l’usufruttuario in quanto detti rapporti comporterebbero una compromissione della terzietà dell’usufruttuario;

O la previsione di un termine di scadenza dell’usufrutto che determinerebbe, allo spirare, la piena proprietà in capo al professionista.

Ma non finisce qui. Precisa, infatti, il Pronto Ordini che anche in presenza del più volte citato interesse economico prevalente nella società, l’Ordine dovrà anche accertare l’eventualità che il professionista iscritto abbia assunto la carica di amministratore sulla base di uno specifico incarico professionale con lo scopo di agire nell’interesse di colui che il mandato gli ha conferito. Non dobbiamo infatti dimenticare che la fattispecie testé delineata (mandato professionale alla gestione) costituisce una causa di esenzione dall’incompatibilità di cui all’articolo 4 citato poiché parte dalla constatazione che l’attività di amministrazione di azienda è una di quella che costituiscono l’oggetto della professione del dottore commercialista.

Il documento infine chiude con una elencazione di documenti atti a dimostrare l’assenza di un interesse economico proprio e che sono, solo per citarne alcuni, il mandato scritto, la fatturazione dei compensi, la partecipazione irrilevante al capitale sociale.

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