Diritto

Bilanci falsi per accedere a finanziamenti pubblici

Per la Cassazione il reato dell’amministratore rileva anche se è stato commesso dopo la truffa

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di Marco Dell’Antonia e Alessandro De Nicola

Anche il falso in bilancio perpetrato dopo l’ottenimento di un contributo pubblico e al fine di poterne continuare a godere, rileva come reato presupposto dell’amministratore che comporta le responsabilità dell’ente previste dal Dlgs 231/2021.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione (sentenza del 16 settembre 2021, n. 34536) secondo la quale la condotta degli amministratori che falsificano i bilanci per rendere credibile la solidità economica della società, necessaria per accedere al finanziamento pubblico, integra il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. E questo sia quando il reato di falso in bilancio viene commesso prima di perpetrare la truffa che quando viene commesso dopo l’erogazione del beneficio al fine di ricevere gli ulteriori versamenti.

La vicenda ha una storia complessa. In primo grado il Tribunale di Messina aveva ritenuto la società responsabile per gli illeciti amministrativi previsti dagli articoli 24 e 25ter del Dlgs 231 in relazione al reato di false comunicazioni sociali (articolo 2621) e per il reato di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche (articolo 640-bis del Codice penale), entrambi ascritti all’amministratore unico della società.

Successivamente, la Corte di appello di Messina aveva assolto la società dal reato previsto dall’articolo 640-bis del Codice penale con la formula della non sussistenza del fatto.

La Cassazione aveva però annullato la pronuncia di assoluzione e rinviato la decisione alla Corte di appello di Reggio Calabria che ha poi dichiarato la responsabilità della società (articolo 24 del Dlgs 231/2001), in quanto il reato commesso dall’amministratore unico era stato perpetrato a vantaggio dell’ente.

La sentenza di Reggio Calabria era stata nuovamente impugnata e su questo ricorso si è espressa la Cassazione del 16 settembre scorso.

In primo luogo, i giudici di legittimità individuano nelle condotte idonee a integrare il reato di false comunicazioni sociali gli artifizi o raggiri richiesti per la configurabilità della fattispecie di truffa aggravata. Il reato di false comunicazioni sociali (articolo 2621 del Codice civile) punisce, tra gli altri, gli amministratori che al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto espongono nei bilanci fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero (o omettono fatti materiali rilevanti), in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore.

La Cassazione chiarisce che gli artifici e raggiri atti ad indurre taluno in errore possano essere rappresentati anche dalla falsità dei bilanci, utili e funzionali alla consumazione del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

I giudici di legittimità chiariscono, inoltre, che il reato di falso in bilancio volto ad ottenere erogazioni pubbliche possa essere perpetrato sia prima della truffa (per avere il finanziamento) sia dopo per continuare a goderne e che anche quest’ultimo comporta la responsabilità della società, in quanto il «conseguimento del primo acconto anche se erogato sulla base del falso in bilancio per l’anno antecedente, non esclude che anche il falso dell'anno successivo sia stato commesso al fine di dimostrare la solidità economica della società, quale presupposto necessario per accedere al finanziamento pubblico, in vista delle erogazioni degli ulteriori acconti».

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