La delega fiscale al test del contraddittorio e della mediazione
Prima ancora di ricorrere ad altri istituti deflattivi è urgente estendere a tutti i procedimenti il diritto al contradditorio come ha indicato la Consultao
L’articolo 17 del Ddl delega per la riforma fiscale, in materia di procedimenti del contenzioso, privilegia la valorizzazione di «altri istituti a finalità deflativa operanti nella fase antecedente la costituzione in giudizio del resistente». La norma si collega alla necessità di «potenziare l’esercizio del potere di autotutela estendendone l’applicazione» (articolo 4, comma 1, lettera g, del Ddl delega). Il pensiero corre immediatamente a contraddittorio endoprocedimentale e mediazione tributaria.
Di recente la Corte costituzionale (sentenza 47/2023) ha dichiarato inammissibile la questione posta sull’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 nella parte in cui non estende il diritto al contraddittorio endoprocedimentale a tutte le modalità di accertamento in rettifica effettuate tramite verifiche “a tavolino”. Prescinde dalla risposta formale della Corte il diritto Ue che è già statuizione inequivoca dell’essenzialità del contraddittorio procedimentale (articolo 41, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali Ue). La sentenza di inammissibilità assume una pregnanza speciale: trasmette al legislatore un chiaro indirizzo perché proceda a un intervento espresso e indifferibile che stabilisca la generalizzazione del contraddittorio endoprocedimentale. Il «giusto procedimento» favorisce, ancor prima della deflazione del processo, la deflazione del procedimento. Evita che vengano adottati provvedimenti limitativi dei diritti, ottimizza «l’azione di controllo fiscale, risultando così strumentale al buon andamento dell’A.F.» e «garantisce i diritti del contribuente, permettendogli di neutralizzare, sin dalla fase amministrativa, eventuali errori a lui pregiudizievoli» (71/15; 210/95).
Il rafforzamento del diritto-dovere di contraddittorio tra contribuente e amministrazione finanziaria, traduce la possibilità di definire l’obbligazione tributaria attraverso l’adeguamento del contribuente alla pretesa prospettata in tale sede pre-impositiva e pre-accertativa. La mediazione ne è il sottotesto.
Il nuovo articolo 48-bis.1 del Dlgs 546/1992, introdotto dalla legge 130/2022, mostra un insospettabile raccordo con il Ddl delega, con la virtuosità di un vero contraddittorio endoprocedimentale e con l’inattuato istituto della mediazione tributaria. Il riformatore di settembre ha previsto che, per le controversie soggette a reclamo ex articolo 17-bis del Dlgs 546/92, la Corte di giustizia tributaria, ove possibile, può formulare alle parti una proposta conciliativa, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione.
Quindi, non si sente la necessità di nuovi istituti deflativi del contenzioso. Già esiste la mediazione tributaria che non ha, sinora, avuto la possibilità di esprimersi perché mancante di ciò che oggi è presupposto dall’articolo 48-bis.1: sindacato del reclamo e formulazione della proposta di mediazione in capo ad un soggetto terzo imparziale. La corretta attuazione dell’obbligazione tributaria esige il rispetto dei principi di uguaglianza, capacità contributiva e imparzialità dell’azione amministrativa, a partire dall’effettività del contraddittorio stragiudiziale e dall’efficienza dell’istituto della mediazione (47/2023).
Come ben sa il riformatore futuro, questa fase può esaurire la definizione, orientare l’esercizio del potere di autotutela e l’effettività del contraddittorio da pre-processuale e formale a mediatizio e definitorio dell’obbligazione tributaria, in senso proprio anti-processuale.
Anche l’articolo 363-bis del Cpc, in materia di rinvio pregiudiziale impone il contraddittorio sulle possibili interpretazioni in confronto dialettico con la Corte remittente.
Dalla saggistica medica mediamo la necessità del rapporto «compliante» tra Fisco e contribuente che, eliminando le patologie delle letture pregiudizialmente pro fisco o contra fiscum, riduce il rinvio al giudice ad extrema ratio.
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di Eugenio della Valle