Il CommentoControlli e liti

Giustizia tributaria, la tutela dei diritti e il ruolo delle Corti

di Gaetano Ragucci

Dopo la critica e la proposta, è il tempo delle decisioni che sveleranno la reale portata delle misure che stanno per essere adottate sulla giustizia e sul processo tributario. È perciò l’ora di guardare le cose come stanno, e di riconoscere che quello che molte voci dell’accademia, della magistratura e delle professioni avevano con buone ragioni censurato nella convinzione di trovarsi di fronte a una riforma, potrà rivelarsi, all’opposto, il consolidamento di un ben noto assetto di lunga durata, che nelle intenzioni degli ideatori dovrebbe uscire rafforzato, in vista delle difficoltà che attendono la finanza pubblica italiana, quando il flusso degli aiuti europei sarà finito.

Oggi nessuno ignora che al tavolo sono state portate anche misure mal concepite (ricorso nell’interesse della legge e rinvio pregiudiziale), controproducenti (mancanza di adeguate disposizioni transitorie, a fronte della prevedibile riduzione dell’organico a causa dell’abbassamento dei limiti di età dei magistrati), e forse anche di dubbia legittimità costituzionale (i limiti all’appello sulle sentenze del giudice monocratico); in fondo, si tratta di dettagli ai quali, se non ci penserà il Parlamento dando accesso alle proposte di emendamento avanzate dalle forze politiche, si potrà ancora rimediare in futuro e in altre sedi. Alla base, c’è però anche la traduzione in atto di un concetto di giustizia tributaria, con cui, se non si interviene qui e ora con decisione, i contribuenti italiani dovranno fare i conti per gli anni a venire.

Mentre dal diritto dell’UE vengono stimoli in favore di una giurisdizione orientata alla tutela dei diritti (Corte UE C/186/20, in materia di scambio di informazioni), a cui la Corte costituzionale fa eco con effetti destinati a incidere anche sull’ordinamento dei tributi (sentenza n. 149/2022, in tema di doppio binario sanzionatorio), l’impianto del testo in via di approvazione muove in direzione opposta, declinando il canone dell’efficienza della giustizia tributaria in funzione dell’obiettivo dell’attuazione rapida e uniforme della legge. Attuazione che passerà attraverso un giudizio di merito secondario a un’istruttoria amministrativa, che la goffa (in quanto potenzialmente restrittiva, rispetto all’uso delle dichiarazioni di terzi) introduzione della prova testimoniale non sembra in grado di rafforzare. E che continuerà a realizzarsi al riparo di dispositivi di protezione e di anticipazione della riscossione in pendenza di giudizio affetti da gravi deficit di tutela giurisdizionale (come è clamorosamente evidente nei rapporti con i sequestri e le confische penali). Ma il rischio è che, salvo l’intervento parlamentare, a tutto ciò provvederà una magistratura “minore”, che nella tutela dei diritti occuperà un ruolo subalterno, di esecutrice dei principi enunciati da una Corte di legittimità a cui non potrà accedere; e che sarà condizionata dall’ascendente di un ministero che, attraverso le Agenzie delle entrate, a cui assegna obiettivi di gettito, è parte del processo, e il cui peso non sarà bilanciato da un organo di garanzia dotato di poteri sufficienti.

Si è detto che, a essere realisti, con i tempi che corrono non ci si poteva aspettare altro, ma questa è una parte di verità, e neppure la più rilevante. Se si pensa al modello costituzionale della tutela dei diritti, occorre essere consapevoli che gli effetti di una formulazione legislativa di tipo casistico, come è quella che si è affermata, e non da oggi, nell’ordinamento tributario, non si esauriscono nel pregiudizio alla certezza del diritto (De Mita). Tra di essi c’è anche la riduzione delle forme del prelievo alle proporzioni di una microconflittualità diffusa, che ostacola il consolidamento di una coscienza civile in tema di tributi, quindi anche l’elaborazione di chiare e ponderate rivendicazioni, capaci di aspirare al riconoscimento legislativo per mezzo della rappresentanza parlamentare. In questo contesto, la cui altra faccia della medaglia è l’archiviazione del progetto di codificazione à droit constant della materia tributaria (Pierro), di cui più nessuno parla, l’impegno per la tutela dei diritti sopravvive in una variante tecnica, da addetti ai lavori, sotto la forma dell’adeguamento del singolo istituto giuridico ai principi della Costituzione e del diritto internazionale ed europeo.

La scelta di riservare questa opera di cesello al monopolio delle alte Corti è nello spirito dei tempi. Siamo però sicuri che, alla lunga, gioverà a conservare il consenso dei cittadini ai tributi?