Il CommentoImposte

La capacità contributiva va intesa dal legislatore in modo dinamico

di Enrico De Mita

Continua il dialogo a distanza tra Corte costituzionale e legislatore, nel rispetto rigoroso del distinto ruolo, da un lato, e nella funzione di richiamo e propulsione della prima sul secondo, dall’altro, in una ambientazione dinamica dei principi costituzionali nell’impegnativa fase congiunturale che accentua le esigenze redistributive e solidaristiche radica, con sempre maggiore forza, l’immediata precettività del principi costituzionali.

Questo vale per l’articolo 53 della Costituzione così come per l’articolo 32, oggi di grande attualità, ben potendo l’interprete, anche in assenza di norma puntuale e di dettaglio, fare diretta applicazione delle nostre norme fondamentali. L’applicazione dinamica del diritto impone risposte tempestive, a fortiori nell’emergenza.

Apparentemente l’ordinanza 165 dello scorso 22 luglio si concreta in un richiamo alla sentenza 288 del 2019 che, successivamente all’ordinanze di rimessione esaminate, già aveva dichiarato non fondate le medesime questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 2, del decreto legge 133 del 2013, come convertito dalla legge 5/14, sollevate in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione dalla Ctr Lazio nel 2019.

Questioni infondate Ctr Lazio

La Corte, affrontando gli stessi temi già risolti e dichiarando infondate le questioni poste dalla Ctr Lazio con due ordinanze del 7 novembre 2019 (reg. ord. n. 153 e n. 193 del 2020), va ben oltre la mera relatio: coglie l’occasione di tornare su principi di politica del diritto tributario.

La norma censurata dalla Ctr prevede che, in deroga all’articolo 3 dello Statuto, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013, per gli enti creditizi e finanziari, per la Banca d’Italia e per le società e gli enti assicurativi, l’aliquota di cui all’articolo 77 del Tuir, è applicata con una addizionale di 8,5 punti percentuali.

La Corte, richiamando la sentenza 288/2019 e precedenti indimenticati come la pronuncia sull’Ilor (42/80), ha inquadrato le censure dei rimettenti nell’ambito delle cosiddette discriminazioni qualitative dei redditi, alla luce del combinato disposto degli articoli 3 e 53 della Costituzione: «ogni diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione (104/85; 42/80).

Abolizione della rata Imu 2013

L’articolo 2, comma 2°, del Dl 133/13 ha abolito la seconda rata dell’Imu e introdotto, per il 2013, l’addizionale Ires solo a carico di imprese finanziarie, creditizie e assicurative.

Il nuovo tributo si inseriva in un contesto di interventi che, per lo stesso 2013, avevano prodotto nel sistema tributario effetti compensativi per gli stessi soggetti passivi.

Il legislatore aveva desunto, solo per il 2013, dall’appartenenza al mercato finanziario uno specifico e autonomo indice di capacità contributiva. Contemporaneamente era intervenuto sul regime delle svalutazioni e delle perdite deducibili, introducendo un’attenuazione dell’imposizione ordinaria Ires e Irap, puntuale esigenza dei settori finanziario, creditizio e assicurativo.

Gli stessi principi già fissati nella sentenza 288/2019 – dice oggi la Corte costitizionale con l’ordinanza in commento – possono essere confermati, atteso che i giudici remittenti non apportano nuovi argomenti rispetto a quelli già vagliati in tale pronuncia.

Impianto confermato

La Corte conferma che il suddetto intervento legislativo, in connessione con quello sulla seconda rata dell’Imu, ha, in ogni caso, comportato « uno spostamento della fiscalità dall’imposizione immobiliare sulle persone fisiche a quella reddituale su determinate persone giuridiche, avvantaggiando comunque anche le famiglie meno abbienti colpite dalla difficile fase congiunturale, con un innegabile, per quanto parziale, effetto redistributivo e solidaristico » (288/2019).

Nella sentenza del 2019, alla quale è ancorato l’intervento in esame, la Corte concludeva con un forte richiamo al legislatore a realizzare « le altissime ragioni di civiltà giuridica che fondano il dovere tributario ».

Tale realizzazione passa attraverso il saldo ancoraggio del sistema tributario al complesso dei principi e dei relativi bilanciamenti che la Costituzione prevede e consente.

In mancanza del predetto ancoraggio si determina «un’alterazione del rapporto tributario, con gravi conseguenze in termini di disorientamento non solo dello stesso sviluppo dell’ordinamento, ma anche del relativo contesto sociale » (288/2019).

Il legislatore è riportato ai principi costituzionali, in particolare al principio di capacità contributiva e, con esso, al rispetto delle posizioni soggettive perfette che non devono subire arbitrarie compressioni.

D’altra parte, non può lo stesso legislatore rinunciare ad una lettura dinamica dello stesso principio di capacità contributiva, non per forza legato a indici tradizionali come il patrimonio e il reddito, potendo rilevare anche altre forme di capacità che possono denotare una forza o una potenzialità economica.