Il CommentoImposte

La riforma del fisco, una chance per la crescita sostenibile

di Paola Coppola

È molto acceso in questi giorni il dibattito sulla Nadef cui dovranno seguire una serie di provvedimenti collegati al bilancio 2022-2024, tra cui la tanto attesa legge delega sulla riforma fiscale.

Sembrerebbe arrivato il momento giusto per cambiare passo e usare “tributi” con un nuovo approccio, di tipo strategico, non solo per perseguire l’aspettativa di un incremento di gettito e/o una più equa redistribuzione della ricchezza, ma come leva per realizzare gli obiettivi di politica economica programmati per finalità di sviluppo e di rilancio della competitività del Sistema Paese. Tra questi, ad esempio, quello dalla «rivitalizzazione delle città (centri urbani) e valorizzazione e fruizione dei luoghi e beni culturali» (missione 1 Pnrr) per il fine di una crescita sostenibile e la promozione dell’immagine e del brand del Paese.

Nell’ottica della «funzionalizzazione del diritto» andrebbero progettate norme con le quali concedere incentivi differenziati, sotto forma di crediti d’imposta o manovre/riduzioni sulle aliquote che, se ben programmati, armonizzati e controllati nel rispetto dei vincoli interni ed europei, rappresenterebbero una grande opportunità a vantaggio dello sviluppo e della competitività secondo giusti principi distributivi, ovvero in modo che gli aiuti progettati vadano indirizzati al raggiungimento degli obiettivi comuni. Le politiche di coesione rappresentano, del resto, gli ambiti in cui vanno individuate, all’interno dell’ordinamento giuridico integrato (nazionale/europeo), sia gli aiuti finanziari, che forme di fiscalità agevolata tollerate dai principi di fonte nazionale e sovranazionale.

In questo contesto, si potrebbe tornare, e molto più efficacemente di quanto è successo in passato (2006), all’istituzione/operatività di Zone Franche Urbane, già autorizzate dalla Commissione Ue (2009) ma, incredibilmente soppresse, subito dopo dal governo stesso (2010), e in seguito svilite in sparuti aiuti de minims, ovvero di zone delimitate nelle città caratterizzate da taluni indicatori di disagio/degrado in cui concedere aiuti fiscali (esoneri/riduzioni da Irpef/Ires/Irap) decrescenti e temporanei, con il fine di valorizzare e rendere accessibile a tutti i beni culturali ivi insistenti, a tutela e conservazione del patrimonio culturale nazionale, ma anche quali attrattori di nuovi investimenti (nazionali/esteri).

Con una politica tributaria “civica”, lo Stato potrebbe, del pari, attuare interventi di giustizia sociale per colmare le diseguaglianze che si registrano nelle diverse città delle nostre regioni (ad autonomia differenziata) sui «beni fondamentali», quali l’ambiente, la salute, la sicurezza, l’accesso ai servizi sanitari di qualità, il tenore di vita personale, familiare, le libertà (Amarthya Sen), e si potrebbe spostare/trasferire l’imposizione dai beni di natura patrimoniale/reddituale, già così pesantemente incisi da tassazione, sui «beni-capacità», cioè su beni, posizioni, condizioni e situazioni di vantaggio di imprese o cittadini sulle quali lo Stato potrebbe fondare, a certe condizioni, il prelievo tributario in base ad un criterio oggettivo di capacità contributiva (Franco Gallo).

Per gli enti locali, ci sarebbe ancor più spazio di progettualità di leve fiscali legate al binomio fiscalità e ambiente/sostenibilità (articolo 191 Tfue) con i tributi ambientali, con i quali contribuire alla tanto attesa transizione ecologica, per disincentivare pratiche scorrette e agevolare o premiare le best practices poste in essere a protezione e potenziamento delle condizioni di vita di cittadini, del clima, delle energie rinnovabili. Per coniugare la nobiltà dello scopo del tributo ambientale con i vincoli giuridici imposti dall’ordinamento nazionale e comunitario, attingendo anche dalle esperienze di altri Stati dell’Unione, il sistema delle premialità potrebbe prevedere, ad esempio, la concessione di  crediti d’imposta  o sgravi fiscali dei tributi locali (Tari e Imu) a coloro che con la partecipazione attiva pongano in essere azioni virtuose dirette a ridurre gli sprechi e rifiuti, l’inquinamento e/o migliorare la convivenza civile (imprese/cittadini). Il progetto sarebbe in linea con gli obiettivi di sostenibilità (ESG) ed altre priorità del Pnrr e potenzierebbe l’opportunità per gli amministratori locali di dar conto del loro mandato politico, favorendo l’accountability.

Una volta stabiliti incentivi/premialità locali potrebbe perseguirsi una politica di raccolta di entrate erariali funzionalizzata ai progetti di rigenerazione/rivitalizzazione urbana coordinandola, ad esempio, con le istituite (nuove) Zfu, o con il prelievo sui beni capacità, grazie ad un partenariato virtuoso tra istituzioni pubbliche ed imprese alle quali andrebbero riconosciuti, da un lato, incentivi/premialità erariali a fronte degli investimenti operati per il bene comune e, dall’altro, richieste maggiori imposte in compensazione dei danni generati alla collettività.

Correlare la politica tributaria nazionale e locale all’attuazione di azioni strategiche a tutela dell’ambiente e delle città, rappresenterebbe, in definitiva, un’opportunità/missione alla quale, per mille ragioni, non ci si dovrebbe più sottrarre e, l’occasione c’è, ora, proprio con la legge delega sulla riforma fiscale.