Imposte

Regime dei neoresidenti alla ricerca dei redditi di fonte estera

di Alessandro Saini

Il nuovo regime per i neoresidenti (articolo 24-bis del Tuir) fa i conti con la prassi delle Entrate che ha sempre disposto l’automatica disapplicazione della «lettura a specchio» prevista dall’articolo 165, comma 2, del Tuir ai fini del foreign tax credit, in presenza di Convenzioni contro le doppie imposizioni.

L’articolo 24-bis del Tuir, in deroga al principio della tassazione mondiale (all’articolo 3, comma 1, del Tuir) dispone che le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia - sempreché non siano state fiscalmente residenti in Italia in almeno nove dei dieci periodi d’imposta precedenti - possano optare per l’assoggettamento ad una imposta sostitutiva nella misura di 100mila euro per ciascun periodo di imposta (ridotta a 25mila euro per ciascun familiare) sui redditi prodotti all’estero, individuati secondo i criteri all’articolo 165, comma 2, del Tuir, cioè sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 del Tuir per individuare i redditi prodotti sul territorio dello Stato da parte dei soggetti non residenti. Con riferimento alla qualificazione di redditi prodotti all’estero, l’articolo 24-bis del Tuir ha pertanto ripreso l’impostazione già adottata dall’ordinamento ai fini del credito per le imposte estere, secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del Tuir, a prescindere dai criteri di collegamento adottati dallo Stato della fonte. Anche ai fini del «res non dom» domestico, è pertanto necessario valutare se, in base ad una «lettura a specchio» dell’articolo 23 del Tuir, detti redditi siano da considerare di fonte estera o di fonte italiana. Infatti, solo qualora tali redditi siano da considerare prodotti all’estero posso godere del particolare regime previsto dall’articolo 24-bis.

Il parallelismo con le disposizioni sul foreign tax credit ex articolo 165 pone alcune riflessioni in presenza di diversi criteri convenzionali. L’agenzia delle Entrate (ex multis, circolare 9/E del 2015) ha sempre sostenuto che la definizione interna di «reddito prodotto all’estero» si rende applicabile solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito in quanto, in presenza di una Convenzione, il diritto al credito di imposta dovrebbe essere riconosciuto in riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposizione conformemente alla specifica Convenzione applicabile. Qualora tale principio fosse applicabile anche al regime dei neo residenti, il regime perderebbe buona parte del suo interesse. Si consideri, infatti, che secondo la maggior parte delle Convenzioni le plusvalenze sono soggetta ad imposizione unicamente nel paese dell’alienante e quindi, ai fini de quo, «non prodotte all’estero».

Pare quindi sia da escludere che la lettura della circolare 9/E e della precedente prassi dell’Agenzia - che ammette la definizione interna di «reddito prodotto all’estero» solamente in assenza di una Convenzione - possa essere ritenuta valida anche ai fini del «res non dom» domestico. Peraltro, se ciò fosse vero, non si spiegherebbe la cautela prevista dall’articolo 24-bis, comma 1, che esclude dall’imposta sostitutiva le plusvalenze da partecipazioni qualificate realizzate nei primi cinque periodi d’imposta di validità dell’opzione, che rimangono pertanto soggette al regime ordinario di imposizione. Il «res non dom» domestico porta quindi ad ipotizzare il superamento della precedente prassi in favore di una piena applicazione dell’articolo 169 del Tuir, secondo il quale «le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione». Una conferma da parte dell’Agenzia sarebbe tuttavia opportuna.

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