Contabilità

Assegnazione dei beni ai soci: sulle riserve i nodi contabili

Per il Fisco occorrono riserve disponibili almeno pari al valore contabile attribuito. Indicando il valore normale Cndcec e Fnc elevano le soglie di patrimonio netto

Entro il prossimo 30 settembre le società possono assegnare ai soci beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione e beni mobili iscritti in pubblici registri, sfruttando l’opportunità prevista dall’articolo 1, commi 100-105, della legge di Bilancio 2023.

Come già accaduto nel 2016, l’opzione riscuote forte interesse, poiché il carico fiscale – rispetto a un’analoga operazione realizzata al di fuori del periodo agevolato – è generalmente molto più leggero, sia in termini di imposte dirette (nell’ambito delle quali la società è libera di scegliere un valore compreso tra quello catastale e quello normale e applicare la sostituiva dell’8% o 10,5% sulla plusvalenza emergente), che indirette (Iva a parte).

Le perplessità contabili

Al di là dei riflessi di natura tributaria su società e soci, l’operazione fa sorgere spesso perplessità di natura contabile, essenzialmente perché nei principi contabili nazionali non vi è alcuna indicazione in merito, ed è complesso procedere in via analogica, tenendo conto delle previsioni dettate per “casi simili” o ricorrendo alle finalità e ai postulati di bilancio (come prescritto dall’Oic 11 in simili frangenti).

Ovviamente, il tema è più sentito presso le società in contabilità ordinaria, in quanto chi adotta la contabilità semplificata (che, ricordiamo, non ha preclusioni ad assegnare beni ai soci) può limitare la propria attenzione agli aspetti puramente fiscali.

Premesso che non vi può essere assegnazione senza riduzione del patrimonio netto, i documenti di riferimento per il trattamento contabile sono:

1 - le circolari 26/E/2016 e 37/E/2016;

2 - il documento Cndcec/Fnc (Consiglio e Fondazione nazionale dei commercialisti) del marzo 2016.

Le indicazioni delle Entrate

L’agenzia delle Entrate (circolare 37/E/2016), dopo aver premesso che «il comportamento contabile adottato dall’impresa deve essere coerente con i principi contabili di riferimento» (che però, come anticipato, nulla prevedono), afferma che l’assegnazione dei beni ai soci «comporta la necessità di annullare riserve contabili (di utili e/o di capitale) in misura pari al valore contabile attribuito al bene in sede di assegnazione», preso atto che tale valore può «essere pari, superiore o inferiore al suo precedente valore netto contabile». Ne deriva, per l’Agenzia, che «è possibile fruire della disciplina agevolativa in esame solo se vi siano riserve disponibili di utili e/o di capitale almeno pari al valore contabile attribuito al bene in sede di assegnazione».

Queste affermazioni sono state lette come una sorta di “presa di distanza” del Fisco dalle problematiche prettamente contabili: in fondo, l’imposizione su società e soci prescinde (almeno in prima battuta) dai valori contabili a cui la società registra l’operazione, anche se poi la stessa circolare si occupa di come “gestire” le plus/minusvalenze contabili che si generano, comprese le eventuali riserve derivanti dall’accantonamento degli utili che incorporano le plusvalenze.

Dagli esempi proposti dalla circolare 26/E/2016 si comprende come, ordinariamente, l’ammontare di riserve annullate per effetto dell’operazione non ha rilevanza ai fini dell’imposizione della società e del socio. Così non è, invece, quando si riducono riserve in sospensione d’imposta (peraltro, secondo l’Agenzia, solo dopo aver esaurito tutte quelle di altra natura): in tal caso l’imposta sostitutiva del 13% si applica sull’ammontare di riserva annullata contabilmente, a prescindere dal valore (normale o catastale) attribuito al bene assegnato (e comunque in misura non superiore a quest’ultimo).

La posizione dei commercialisti

Meno “flessibile” (anche se con un approccio che non rappresenta una chiusura decisa verso ipotesi diverse) è il documento di Cndcec/Fnc , il quale conferma che il valore che i soci attribuiscono al bene assegnato può essere uguale, inferiore o superiore a quello contabile. Tuttavia, continua il documento, è normale che «il valore attribuito dai soci al bene rappresenti un valore di realizzo» e che tale ammontare sia «identificabile ai fini fiscali con il valore normale», al punto che potrebbe essere determinato con una perizia giurata di stima.

Questa impostazione (sicuramente opportuna nelle società dove i soci hanno interessi differenziati) ha il pregio di determinare una rappresentazione a valori effettivi dell’assegnazione e presenta strette analogie con l’approccio dettato dai principi internazionali (Ifric 17), che privilegiano il fair value.

Tuttavia, essa presenta conseguenze assi rilevanti, come quella di rendere impossibile l’operazione (salvo studiare opportune “contromisure” spesso sgradite ai soci) in tutti i casi in cui nel patrimonio netto non siano presenti riserve disponibili (o, al limite, capitale) “capienti” rispetto al valore normale dell’immobile da assegnare: il che non accadrebbe se i soci “potessero attribuire” all’immobile un valore di assegnazione pari a quello contabile.

L’esempio

Tre vie per l'assegnazione dell'immobile
Viene assegnato un immobile che ha un valore netto contabile e fiscale di 100.000 euro (valore lordo 290.000 euro, fondo ammortamento 190.000 euro); un valore catastale di 120.000 euro e un valore normale di 150.000 euro. Sono presenti riserve di utili pari a 300.000 euro.
1) Assegnazione a valore contabile
- Riserve di utili a Debiti v/soci: 100.000
- Diversi a immobili:290.000
- Fondo ammortamento immobili: 190.000
- Debiti verso soci: 100.000
2) Assegnazione a valore normale con iscrizione della plusvalenza
- Riserve di utili a Debiti verso soci 150.000
- Diversi a diversi: 340.000
- Fondo ammortamento immobili (D): 190.000
- Debiti verso soci (D): 150.000
- Immobili (A): 290.000
- Plusvalenze (A): 50.000
3) Assegnazione a valore normale con riserva di utili iscritta nel patrimonio netto
- Riserve di utili a Debiti verso soci: 150.000
- Diversi a diversi: 340.000
- Fondo ammortamento immobili (D): 190.000
- Debiti verso soci (D): 150.000
- Immobili (A): 290.000
- Riserve di utili (A): 50.000

A prescindere dal comportamento contabile, dal punto di vista fiscale:
- la società pagherà l'8% di 20.000 (se si opta per il valore catastale) o di 50.000 (se si opta per il valore normale);
- il socio (in ipotesi, persona fisica) subirà una tassazione del 26% su 100.000 come ritenuta alla fonte;
- ove le riserve annullate, anziché di utili, fossero in sospensione di imposta (ad esempio, rivenienti da rivalutazione e non affrancate), il comportamento contabile sarebbe il medesimo, mentre dal punto di vista fiscale il socio non subirebbe alcuna tassazione (il pagamento dell'imposta sostitutiva del 13% da parte della società assegnante azzererebbe ogni ulteriore debito sulle somme assoggettate).

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