Controlli e liti

Concordato in continuità con deroghe sui crediti tributari e contributivi

Va rispettato l’interesse di creditori strategici per il sistema Paese. La priorità relativa deve attenere al trattamento dei soli creditori che godono di privilegio generale mobiliare

Il conflitto tra le norme del Codice della crisi (messo in luce nell’articolo a fianco) potrebbe ritenersi superato attribuendo alle disposizioni dell’articolo 88 efficacia derogatoria di quelle previste dall’articolo 84 e dell’articolo 112 con riferimento al solo concordato in continuità aziendale.

Tuttavia, ove si intenda l’incipit dell’articolo 88, comma 1 («fermo restando») come un rinvio recettizio alle norme anche sostanziali del concordato in continuità aziendale, qualora in contrasto con le norme recate dall’articolo 112, la norma regolerebbe il conflitto tra le disposizioni dell’omologa del concordato in continuità aziendale e quella generale dell’articolo 88, rendendo sovraordinate in caso di concordato in continuità aziendale le disposizioni dell’articolo 112 che si rivelino in contrasto con l’articolo 88.

Questa conclusione è corroborata dal riferimento del suddetto incipit al solo concordato in continuità aziendale e non anche a quello liquidatorio, il che, alla luce dell’interpretazione sopra esposta, appare coerente con il fatto che nel concordato liquidatorio non trova applicazione né il comma 6 dell’articolo 84 né la lettera b) del comma 2 dell’articolo 112, applicabili solo nell’ambito del concordato in continuità aziendale.

Questa conclusione è, inoltre, coerente con l’impostazione che vuole il concordato in continuità aziendale strettamente connesso con la regola della distribuzione delle fonti provenienti dalla ristrutturazione in modo da riprodurre virtualmente la distribuzione che vi sarebbe stata nello scenario liquidatorio, benché senza dover assicurare (salvi i lavoratori subordinati) integrale soddisfazione ai creditori poziori.

Tale regola rischia, peraltro, di risultare distonica in relazione alla distribuzione delle fonti per quei creditori che godono di prelazione in relazione a specifici beni.

Si pensi ai creditori ipotecari o anche ai creditori con privilegio speciale, come l’Agenzia delle Dogane a termini dell’articolo 16, commi 1 e 2, del testo unico delle accise.

L’applicazione indiscriminata della priorità relativa (Rpr), in un sistema di distribuzione delle fonti quale quello italiano (che assomiglia più a una foresta pluviale che a un giardino alla francese), rischia di diventare ingovernabile, oltre che risultare in contrasto con le regole dei diritti reali di garanzia.

Appare, pertanto, opportuno che la priorità relativa (Rpr) attenga, nel concordato in continuità aziendale, al trattamento dei soli creditori che godono di privilegio generale mobiliare e, quindi - con riferimento ai debiti di impresa - ai crediti di lavoro (diversi da quelli di lavoro subordinato a termini dell’articolo 84, comma 7, del Codice della crisi) e a quelli contributivi e tributari.

In definitiva, nel concordato in continuità il disposto dell’articolo 84, comma 6, e della lettera b) del comma 2 dell’articolo 112 prevale su quello dell’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 88, relativamente ai crediti privilegiati assistiti da privilegio generale, mentre quest’ultima disposizione trova applicazione per la quota degradata dei crediti assistiti da privilegio speciale. Nel concordato liquidatorio, invece, la citata norma dell’articolo 88 trova piena applicazione.

La regola della «ultrattività moderata», con parziale conservazione della prelazione sul valore eccedente la liquidazione per i crediti dotati di privilegio generale, costituisce un contemperamento tra l’interesse del debitore alla ristrutturazione dell’impresa e l’interesse di creditori strategici per il sistema Paese alla conservazione della garanzia patrimoniale.

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