Imposte

Direttiva «quick fixes», via il doppione creato con la legge europea

La norma si era sovrapposta al Dlgs 192/2921 con un’incompatibilità di fatto solo formale

Il decreto sostegni ter abroga la norma “doppione” sul recepimento della nuova disciplina Iva degli scambi intraUe. Il ritardo di due anni nel recepimento della direttiva “quick fixes” e l’ansia per l’infrazione pendente da parte della Commissione Europea avevano portato l’Italia a trasporre le regole unionali nell’ordinamento interno per ben due volte, dapprima con il Dlgs 192/2021 e poi con la legge Europea 2019-2020 (Legge 238/2021), portando un po’ di disorientamento tra operatori e l’amministrazione finanziaria che già dal 1° dicembre scorso applicano le regole imposte dalla prima disposizione.

In particolare, questa duplicazione si era manifestata con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge europea, il cui testo - che sarebbe entrato in vigore il 1° febbraio, dopo il periodo di vacatio legis - all’articolo 21 indica le norme che danno attuazione della direttiva (Ue) 2018/1910, ovvero alle cosiddette quick fixes. Il ritardo del nostro legislatore, il quale avrebbe dovuto recepire le disposizioni unionali entro il 31 dicembre 2019, aveva dato luogo alla procedura di infrazione n. 2020/0070. Finalmente attivatosi al riguardo, lo stesso perveniva alla formulazione del Dlgs del 5 novembre 2021, n. 192, in vigore dal 1° dicembre. Il suddetto decreto, incidendo sul Dl 331/1993, introduce le ben note novità Iva in tema di cessioni intraUe, call off stock e vendite a catena.

Ciò che ha stupito è stato ritrovare tali norme, dopo due mesi dalla loro pubblicazione, nella Legge europea seppur con leggere modifiche in termini di sintassi. Più nello specifico, la sostanza delle disposizioni duplicate all’articolo 21 della Legge europea risulta la stessa di quella al Dlgs 192/2021, mentre varia in alcuni punti la forma nonché, in un caso, la numerazione (quella dell’articolo 38-ter Dl 331/1993 rubricato Acquisti intracomunitari in regime cosiddetto di “call- off stock” introdotto dal Dl 192/2021 che diventa “articolo 38.1” per la Legge Europea e che poi viene impropriamente richiamato come 38-bis, norma invece relativa alle vendite a distanza verso i consumatori di altro Stato Ue). Dunque, sebbene non si rilevasse alcuna incompatibilità sostanziale tra le due norme, si poteva quantomeno evidenziare un’incompatibilità di natura “formale”.

Sicché, ricorrendo al principio della lex posterior derogat priori (articolo 15 delle Preleggi), l’articolo 1 del Dl 192/2021 avrebbe avuto vita fino al 31 gennaio 2022, dopodiché lo stesso sarebbe stato sostituito dall’articolo 21 della Legge europea in quanto norma successiva, incompatibile (sebbene solo da un punto di vista formale) con la precedente disposizione.

Sul piano pratico, nulla sarebbe cambiato per gli operatori, considerata la continuità tra le due norme che disciplinano allo stesso modo i nuovi requisiti delle cessioni intraUe, l’istituto del call off stock e le vendite a catena. Tuttavia, poiché in pratica il richiamo al Dl 192/2021 era già ampliamente diffuso sul piano interpretativo (basti pensare che la Determinazione n. 493869/2021 che introduce i modelli INTRA 2022 vi fa riferimento), per evitare inutile confusione, è stata invocata un’abrogazione espressa della norma emanata per seconda. Abrogazione che è arrivata con il Decreto Sostegni-ter (articolo 27, comma 2 Dl 4/2022), ponendo fine al “pasticcio” causato dalla Legge europea.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©