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Il Bonus ricuce il tessuto sociale

di Gaetano Giunta

Questo contributo vuole dimostrare, a partire da un’esperienza sul campo, l’utilità di misure per la rigenerazione degli edifici, quale il superbonus, quando sono declinate dentro visioni che coniugano sostenibilità ambientale, economica e sociale. La Fondazione MeSSInA nasce per promuovere sviluppo umano sostenibile, creando interconnessioni fra welfare, sistema culturale, educativo e produttivo con programmi di ricerca e di trasferimento tecnologico, di rigenerazione urbana e di riqualificazione dei beni comuni, attrazione di talenti creativi e scientifici e valorizzazione delle social capabilities dei territori.

Il nuovo piano strategico prevede la creazione di una infrastrutturazione a rete denominata i Parchi della Bellezza e della Scienza con l’obiettivo di favorire il contrasto delle disuguaglianze economiche, sociali e di riconoscimento all’interno dei processi di mutamento climatico.

I Parchi sono localizzati in aree di pregio architettonico e/o ambientale, che versavano in condizioni di degrado: sono quindi “beni comuni” dei territori spesso nati in luoghi rigenerati grazie agli incentivi legati all’efficientamento energetico, sismico e ai bonus facciate.

Un esempio è Palazzo Biscari complesso monumentale di Mirabella Imbaccari, area interna della Sicilia caratterizzata da un declino demografico ed economico. Di proprietà dei Principi Paternò Biscari di Sicilia, i loro ultimi eredi donarono il Palazzo alle suore dorotee per farne il fulcro socio-economico del territorio. Le suore diffusero la lavorazione del tombolo e da allora l’economia locale fu al femminile e legata a queste lavorazioni. Nel 2014 le suore scelgono di donarlo alla Fondazione per ripensarlo quale propulsore di sviluppo del territorio. Nasce così il Parco dei Saperi che oggi è il fulcro di un programma strategico territoriale. Senza le misure dell’ecobonus, del super ecobonus, del sisma bonus e del bonus facciate e della partnership di Banca Etica e del Credito Sportivo questo processo dall’altissimo impatto sociale sarebbe stato più lento, forse impossibile.

Perché misure di questo tipo, non possono diventare strutturali, con i necessari correttivi dei palesi errori quantitativi e qualitativi che hanno accompagnato la loro nascita e attuazione? Gli interventi vanno rivolti alla riqualificazione dei “beni comuni”, che sono amplificatori e generatori di impatto sociali e a beneficio delle fasce più deboli. Per tali obiettivi non può non essere operativo lo strumento della cessione dei crediti, perché appare evidente che né gli enti del Terzo settore, né tanto meno le fasce deboli dispongono della liquidità per realizzare i lavori, né, spesso, avrebbero la capienza fiscale per beneficiare negli anni degli sgravi. Creare misure di incentivazioni certe e durevoli è condizione necessaria per farne una politica industriale seria, in questo caso a favore di un’edilizia applicata alla rigenerazione.