Imposte

Corte costituzionale: legittimo il taglio ai bonus fiscali

di Giorgio Costa

La necessità di redistribuire in maniera perequativa e anti crisi le risorse pubbliche giustifica la scelta di cancellare crediti d’imposta (in particolare si trattava del bonus ricerca ex legge 296/2006 ) previsti su base pluriennale. Così come non è illegittimo il meccanismo di redistribuzione delle minore somme tra le imprese utilizzando il sistema della prenotazione online.

Il principio è stato confermato ieri dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 149 che ha respinto le eccezioni di legittimità sollevate nel 2015 dalle Corte di cassazione. In particolare, la sesta sezione civile. aveva sollevato, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 29, comma 1, del Dl 185/2008 (legge 2/2009) nella parte in cui - introducendo un tetto massimo di stanziamento e una procedura per la selezione dei crediti d’imposta regolati dall’articolo 1, commi 280-283, della legge 296/2006 - non fa salvi i diritti e le aspettative sorti in relazione ad attività di ricerca e sviluppo avviate prima del 29 novembre 2008» (data di entrata in vigore del Dl 185/2008). Secondo il giudice rimettente, «la norma censurata, “abolendo” i diritti di credito maturati in relazione ai costi già sostenuti e l’aspettativa dei crediti maturandi in relazione ai costi da sostenere per attività già avviate prima della sua entrata in vigore, avrebbe leso l’affidamento dei contribuenti che avevano intrapreso iniziative economiche confidando nel quadro normativo vigente». Lo stesso giudice ha poi contestato in via subordinata anche il comma 2 dell’articolo 29 nella parte in cui, anche per i crediti d’imposta relativi a costi sostenuti per attività di ricerca avviate prima del 29 novembre 2008, prevedono una procedura di ammissione al beneficio fiscale basata sul criterio cronologico di ricezione delle domande telematiche dei contribuenti in quanto condurrebbe «a risultati del tutto casuali e scollegati non solo dal merito delle ragioni di credito ma anche dalla solerzia nel loro esercizio»,ingenerando una «disparità di trattamento tra contribuenti tutti egualmente titolari di crediti di imposta derivanti da attività già avviate alla data del 29 novembre 2008». Di fatto la capienza degli stanziamenti si era esaurita in pochi minuti e numero se imprese vennero escluse dal beneficio cancellando, secondo la Cassazione, un «diritto di credito già maturato».

Secondo i giudici della Consulta la questione non è fondata. Infatti, «il valore del legittimo affidamento non esclude che il legislatore possa assumere disposizioni che modifichino in senso sfavorevole agli interessati la disciplina di rapporti giuridici “anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti”, ma esige che ciò avvenga alla condizione “che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica». Quindi, «solo in presenza di posizioni giuridiche non adeguatamente consolidate» o «in seguito alla sopravvenienza di interessi pubblici che esigano interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente su di esse», ma sempre «nei limiti della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti, è consentito alla legge di intervenire in senso sfavorevole su assetti regolatori precedentemente definiti».

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