Operazioni straordinarie, clausole sotto la lente per il pagamento del corrispettivo
La determinazione può avvenire in base a tre categorie di formule contrattuali: prezzo fisso determinato dall’origine, prezzo in base a condizioni concordate e un misto tra parte certa e una eventuale
Una delle caratteristiche fondanti del contratto di acquisizione di partecipazioni è - al di fuori di casi rari di assoluta semplicità e indipendentemente dalla tecnica redazionale con cui lo stesso si estrinseca - l’attitudine a regolare e disciplinare una complessa operazione il cui perfezionamento e la cui esecuzione si svolgono in due distinte e successive fasi: una prima (il signing), in cui le parti redigono e stipulano il contratto preliminare di compravendita e una seconda (il closing), alla quale è rinviato il perfezionamento delle formalità legali per il trasferimento all’acquirente dei diritti inerenti all’azienda o alle partecipazioni cedute.
Tale slittamento temporale – talvolta anche di diverse settimane o mesi, in funzione dell’espletamento di attività di verifica sulla società target (ove non eseguite anteriormente), o dell’esecuzione di talune attività intermedie o ancora dell’avveramento di predeterminate condizioni sospensive al citato trasferimento – è particolarmente rilevante con riferimento alle clausole che disciplinano le modalità di calcolo e di pagamento del corrispettivo.
Nelle operazioni di M&A (mergers and acquisitions) , infatti, il corrispettivo dovuto a fronte del trasferimento di un’azienda o di una partecipazione sociale può essere esattamente determinato al momento della firma del contratto, oppure individuato successivamente alla sottoscrizione del contratto o dopo il closing dell’operazione in base a criteri di quantificazione più o meno complessi prestabiliti nell’accordo stesso. Occorre infatti tenere conto che, trattandosi in entrambi i casi di beni in continuo divenire ed essendo il prezzo per lo più connesso alla consistenza del bene ceduto, l’accertamento definitivo del prezzo può spesso compiersi solo al momento in cui avviene il passaggio di titolarità dello stesso.
L’osservazione di fondo da cui partire è che il prezzo è frutto esclusivo delle trattative fra le parti e, pertanto, non esiste una formulazione contrattuale ormai standardizzata e tipizzata dalla prassi. Si può tuttavia provare a ricondurre le clausole di determinazione del prezzo a 3 principali categorie:
1. clausole in cui il prezzo è determinato sin dall’origine in un importo fisso;
2. clausole in cui il prezzo è determinabile sulla base di formule concordate tra le parti;
3. clausole in cui una parte del prezzo è certa (sia essa determinata o determinabile) e una restante parte è meramente eventuale (earn-out).
Clausole che prevedono un prezzo determinato
Tali tipologie di clausole indicano esattamente nel contratto di acquisizione il prezzo che le parti hanno convenuto per la compravendita, in maniera fissa e non soggetta a variazioni.
Si tende ad utilizzare questo meccanismo quando le parti hanno determinato un prezzo sulla base di situazioni patrimoniali recenti, considerate ancora affidabili e rappresentative del vero valore economico dei beni oggetto di cessione, stimando irrilevanti – o comunque assumendosene il rischio – eventuali variazioni (nella consistenza ovvero nel valore) che potrebbero verificarsi tra la data di riferimento delle situazioni patrimoniali e la data del closing.
In tali circostanze, a tutela dell’una o dell’altra parte (al fine di consentire a quest’ultimo di avvalersi dei rimedi che l’ordinamento gli riconosce) sarebbe opportuno esplicitare comunque nel contratto di acquisizione i criteri che hanno consentito di arrivare ad un dato prezzo e i calcoli sottostanti ad una certa quantificazione, nonché valutare di rinunciare espressamente ai rimedi previsti dalla legge (ad esempio al rimedio dell’eccessiva onerosità previsto dall’articolo 1467 del Codice civile).
A tal riguardo, nella prassi redazionale e negoziale trova sempre più spazio il metodo «locked-box», avente quale scopo quello di cristallizzare la fotografia patrimoniale ad una determinata data, prevedendo tuttavia – a tutela dell’acquirente – apposite clausole che impediscono movimenti di capitale circolante non rientranti nell’ordinaria attività della target, specie con riferimento a rapporti con la parte venditrice e sue parti correlate.
Clausole che prevedono un prezzo determinabile
Con una certa frequenza, nella prassi dei contratti di acquisizione, il prezzo finale del bene compravenduto non è quello indicato nel contratto stesso, bensì quello successivamente determinato sulla base di clausole contrattuali che prevedono il ricorso a parametri (per esempio Posizione Finanziaria Netta) da verificare in un momento successivo a quello della sottoscrizione del contratto.
Le ragioni per cui si fa ricorso a tali tipologie di clausole derivano principalmente dalla volontà delle parti di basare la determinazione del prezzo su grandezze patrimoniali, economiche e/o finanziarie della società o dell’azienda target esistenti in un determinato momento successivo alla sottoscrizione del contratto stesso (per lo più coincidenti con la data del closing o una data a questo molto vicina).
Tale esigenza è ancora più avvertita laddove l’operazione sia strutturata in modo tale che tra signing e closing intercorra un significativo periodo di tempo. Clausole di aggiustamento prezzo, tuttavia, sono sovente negoziate dalle parti anche in operazioni caratterizzate da un periodo “intermedio” di breve durata, in quanto in fase di negoziazione le parti possono formulare il prezzo solo sulla base di un bilancio riferito ad una data molto distante dal signing, con l’evidente conseguenza che il valore inizialmente convenuto può in seguito rivelarsi non corrispondente al valore accertato dell’impresa alla data dell’acquisizione.
Il problema è che la reale situazione della società al closing (o a data prossima al closing) potrebbe essere accertata solo ad una certa distanza di tempo dal closing medesimo e le parti devono, pertanto, concordare il momento in cui “fotografare e cristallizzare” tali dati e il momento in cui procedere al pagamento del relativo prezzo. In tal senso, gli accordi tra le parti possono di volta in volta essere tali da condurre alla stesura di clausole radicalmente diverse, per cui:
a. è possibile che le parti concordino la determinazione del prezzo finale sulla base di parametri economici della target relativi ad un momento successivo alla firma del contratto ma antecedente alla data del closing, prevedendo ad esempio un prezzo determinabile sulla base della somma di un enterprice value già determinato dalla parti alla firma del contratto e di una posizione finanziaria netta (Pfn) da determinarsi ad una data certa antecedente al closing (magari all’ultimo giorno fine mese antecedente al closing);
b. è possibile talvolta che le parti convengano la determinazione del prezzo in un momento successivo al perfezionamento del trasferimento della partecipazione, solo dopo aver espletato le dovute verifiche sulle poste economiche ritenute considerevoli ai fini della pattuizione del prezzo: un esempio è la determinazione del prezzo sulla base del patrimonio netto (net asset value) della target, cioè dalla differenza tra l’attivo e il passivo della situazione patrimoniale, da calcolarsi sulla base di una situazione patrimoniale puntuale alla data del closing;
c. frequenti sono infine le previsioni che prevedono un prezzo “stimato” in contratto, che sarà versato dall’acquirente alla data del closing, e di meccanismi e accordi contrattuali di verifica e rettifica successivi finalizzati alla determinazione del prezzo finale che permettono di coprire le eventuali modificazioni nella consistenza patrimoniale ed economica della società eventualmente intervenute (e che fisiologicamente intervengono) alla data in cui ha luogo il trasferimento del bene compravenduto.
La determinazione dei criteri e dei meccanismi attraverso i quali definire il prezzo finale del bene trasferito è esercizio tutt’altro che semplice e/o standardizzato, trattandosi sempre di accordi e negoziati differenti e peculiari, spesso anche molto delicati: ampio è il ventaglio dei dati finanziari su cui le parti possono decidere di concentrare le rettifiche e diversi sono i criteri utilizzabili per calcolare l’impatto sul prezzo della riscontrata differenza di valori.
Tali meccanismi e clausole sono spesso oggetto di lunghe e complesse negoziazioni, dovendosi determinare:
a. il soggetto tenuto alla predisposizione delle situazioni intermedie su cui verrà poi calcolato il prezzo definitivo. A tal riguardo non esistono regole assolute o prassi consolidate e spetta alle parti trovare un accordo in merito. È ovviamente interesse di entrambe le parti assumere il controllo della predisposizione di tale documento: il venditore al fine di assicurare la coerenza con i precedenti bilanci; l’acquirente in ragione del suo illimitato accesso alle informazioni e alla contabilità della stessa;
b. i criteri di valutazione da seguirsi nella predisposizione di tali situazioni intermedie. Il mero riferimento ai principi contabili nazionali o internazionali non è sempre sufficiente a scongiurare contrasti interpretativi e applicativi in quanto gli stessi sono suscettibili di applicazioni ed interpretazioni alquanto diverse. È quanto mai opportuno che il contratto di compravendita indichi (quanto più analiticamente possibile) le impostazioni contabili e i criteri di valutazione da seguire nella predisposizione di tali situazioni economico-patrimoniali, al fine di ridurre al minimo la discrezionalità nella valutazione delle poste contabili;
c. i meccanismi di verifica e controllo dei dati unilateralmente predisposti. La situazione patrimoniale e/o il conto economico, una volta predisposti entro un termine prestabilito da una delle parti (o da un esperto), dovranno essere consegnati all’altra parte per consentirne la verifica. A quest’ultima spetterà la facoltà di contestare il risultato comunicatole entro un determinato periodo di tempo, decorso il quale senza che la parte destinataria abbia sollevato alcuna contestazione, i dati numerici si considerano definitivamente accertati. Al contrario, in caso di divergenze, sarà necessario prevedere meccanismi volti a risolvere rapidamente tale conflittualità, inserendo in genere clausole che rimettono la definizione dei punti aperti ad un terzo indipendente in buona fede (tipicamente una società di revisione), preventivamente individuato dalle parti o da individuarsi sulla base di criteri prestabiliti all’interno del contratto o da nominarsi a cura di un soggetto terzo, il quale agirà quale arbitratore ai sensi dell’articolo 1473 del codice civile.
Clausole che prevedono una parte del prezzo eventuale e/o variabile
Talvolta l’operazione di acquisizione è strutturata in maniera tale che l’acquirente paghi una parte del prezzo al momento del trasferimento della partecipazione o dell’azienda, mentre il pagamento di una seconda parte del prezzo deve considerarsi eventuale e posticipato in uno o più momenti futuri.
In particolare, il pagamento di una parte del prezzo può essere sottoposto ad una condizione dipendente da eventi futuri ed incerti: tale avvenimento può consistere in un qualsiasi evento ritenuto rilevante dalle parti ai fini della determinazione del prezzo, quali – a titolo esemplificativo – l’esito di un contenzioso significativo pendente al momento della stipula del contratto ovvero l’emanazione di un provvedimento rilevante per lo svolgimento dell’attività sociale.
Nella prassi, il caso più ricorrente di tali clausole è rappresentato dalle clausole di earn-out, per le quali parte del prezzo è collegata a, o dipendente da, un determinato risultato della target, sia esso di natura prettamente economica (un dato di bilancio o l’utile) oppure gestionale (il raggiungimento di un determinato obiettivo commerciale, la realizzazione di un nuovo prodotto, l’ottenimento di uno specifico premio o autorizzazione) entro un determinato arco temporale.
Tali clausole possono essere previste in alternativa o in aggiunta a clausole di aggiustamento del prezzo ed hanno spesso la funzione, nelle negoziazioni sul prezzo, di contemperare gli opposti interessi delle parti, garantendo che il prezzo venga pagato al venditore solamente qualora gli elementi posti alla base di tale determinazione si siano effettivamente verificati nella successiva attività.
Le clausole di earn-out sottopongono il prezzo ad una specifica aleatorietà in quanto il prezzo definitivo è determinato da eventi futuri che talora sono sotto il controllo delle parti (per esempio capacità gestionali dell’acquirente) ma per lo più sono sottratti al loro controllo (per esempio andamento del mercato). In tal senso, è opportuno in determinati casi specificare in contratto l’aleatorietà della clausola per espressa volontà delle parti (si veda l’articolo 1469 del Codice civile) al fine di esser certi della mancata applicazione dei rimedi codicistici previsti per le ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta.
La redazione di tali clausole si rileva di solito piuttosto complessa, vuoi per il loro carattere tecnico (ciò rende opportuno l’ausilio di commercialisti e/o consulenti finanziari) vuoi per contemperare gli interessi delle parti, dovendo in primo luogo individuare i parametri economici in base ai quali operare la determinazione e, in seconda battuta, regolamentare la gestione della target per il periodo in cui i parametri alla base del calcolo dell’earn-out vengono misurati.
Questo articolo fa parte del Modulo24 Operazioni Straordinarie del Gruppo 24 Ore.
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