Imposte

Solo il «trustee» partecipa al giudizio di revoca del trust

di Angelo Di Sapio e Daniele Muritano

La Corte di cassazione torna a occuparsi di fondo patrimoniale e di trust, affrontando, oltre ai consueti temi della revocatoria, quello della partecipazione dei beneficiari nel relativo giudizio (sentenza del 3 agosto 2017, n. 19376).

Due coniugi costituiscono un fondo patrimoniale. Il marito istituisce poi un trust per le esigenze di vita e di studio delle figlie minori comuni, nominando trustee la moglie, cui affida beni immobili già oggetto del fondo patrimoniale (che sono dunque doppiamente vincolati). La banca creditrice del marito agisce in revocatoria, accolta nei primi due gradi di giudizio. A quel punto la vicenda giunge in Cassazione. I coniugi deducono, tra l’altro, la mancata integrazione del contraddittorio, non avendo la Corte d’appello ordinato la chiamata in giudizio delle figlie e chiedono una pronuncia di nullità dell’intero processo.

La Corte rigetta (anche) questo motivo di ricorso. In ordine al fondo patrimoniale, richiama il proprio consolidato orientamento per cui la destinazione non incide sulla titolarità dei beni, né fa insorgere un diritto soggettivo in favore dei figli, che, perciò, non sono litisconsorti necessari. In ordine al (la dotazione del) trust, registra che le posizioni beneficiarie sono soggette alla discrezionalità del trustee. I beneficiari di un trust discrezionale, afferma la Corte, non sono litisconsorti necessari. È la prima volta che i giudici di legittimità si pronunciano sul punto. Il tracciato è quello delle sentenze nn. 25478/2015 e 2043/2017. Unico legittimato passivo (oltre al debitore) è il trustee in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto ed è dunque candidato a resistere in giudizio.

La comparazione consente di sollevare qualche velo. La regola inglese, scolpita in una decisione del 1994 (Alsop Wilkinson v Neary), è che, nelle controversie promosse dai creditori del disponente contro il trust, la protezione del fund è affidata al trustee, al posto o in aggiunta ai beneficiari. Ecco un parallelismo con la nostra grammatica: i beneficiari non sono parti necessarie del processo, ma possono intervenire per evitare di essere pregiudicati in caso di revoca, e bene farà il trustee ad invitarli, concordando su chi graveranno le spese in caso di soccombenza.

La decisione inglese ricordata offre un ulteriore dato prezioso: un conto sono le liti promosse dai creditori del disponente contro il trust, che vanno necessariamente introdotte nei confronti del trustee, altro conto sono le liti fra beneficiari e trustee, altro ancora le liti fra i terzi e il trustee riferite all’attività del trustee. È un faro che chiarisce perché l’interesse dei beneficiari alla corretta amministrazione del trust fund, pure evocato in corso di causa, è qui irrilevante: non perché non integra un diritto soggettivo, come affermano i giudici di legittimità, ma perché esso, comunque lo si qualifichi, dev’essere coltivato dai beneficiari direttamente nei confronti del trustee. Non si può chiedere al creditore che agisce in revocatoria di cercare col lanternino chi e a quali condizioni è beneficiario del trust. La tutela dell’affidamento dei terzi (creditori compresi) è tenuta in palmo di mano dalla maggior parte dei sistemi giuridici. Il diritto di agire e il diritto di difesa vanno bilanciati favorendo un efficiente svolgimento del processo: qui sta probabilmente il bandolo della matassa.

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