Controlli e liti

Rettifiche sul transfer pricing e ricadute sull’Irap: la Cassazione promuove la norma retroattiva

Per la Corte non è incostituzionale l’applicazione per le annualità 2008-13, ma resta più di un dubbio

di Massimo Bellini ed Enrico Ceriana

L’ordinanza 18436 del 30 giugno 2021 della Cassazione rappresenta una delle prime decisioni sulla rilevanza per l’Irap delle contestazioni di transfer pricing nel periodo 2008-2013.

L’articolo 1, comma 50 e 51 della Legge n. 244 del 24/12/2007 aveva modificato la determinazione della base imponibile Irap, stabilendone la derivazione dal conto economico. Pertanto, le rettifiche ai prezzi di trasferimento secondo l’articolo 110, comma 7 del Tuir, potevano essere fatte solo ai fini Ires e non più ai fini Irap. Successivamente il legislatore è intervenuto con l’articolo 1 comma 281 della Legge n. 147 del 27/12/2013, precisando che la normativa Tp era applicabile anche all’Irap per tutti i periodi di imposta successivi al 2007.

La disposizione retroattiva ha generato numerose contestazioni portando parte della giurisprudenza di merito a ritenere che le rettifiche di transfer pricing non potessero applicarsi fino al 2013, poiché altrimenti si sarebbe violato il principio costituzionale dell'affidamento e buona fede nei rapporti tra Amministrazione e contribuente senza motivi imperativi di interesse generale (ad esempio la Ctr Lombardia 1855/15/21). Vi era altresì violazione dell’articolo 6 della Convenzione dei diritti dell’uomo per il diritto al giusto processo per cui lo Stato non può interferire imponendo una regolamentazione con efficacia retroattiva per ragioni di carattere finanziario (Ctp Reggio Emilia 510/03/14).

L’orientamento della giurisprudenza non è però univoco e varie pronunce hanno sottolineato la correttezza della posizione del legislatore basandosi sul mero dettato letterale della legge 147/2013 (ad esempio Ctr Lombardia 2261/7/2019).

Con l’ordinanza 18436 la Cassazione è intervenuta sulla questione ritenendo che non vi fossero profili di incostituzionalità nella legge del 2013 non vigendo nel nostro ordinamento alcun principio di irretroattività della legislazione fiscale. Del pari non vi sarebbe violazione dell’articolo 6 della Convenzione dei diritti dell’uomo richiamando una sentenza della Suprema Corte del 2017 (n. 27093) ove una norma retroattiva non era stata considerata una violazione di tale articolo.

La pronuncia della Cassazione solleva varie perplessità. Si sarebbe potuto rinviare alla Corte costituzionale visto che in passato aveva sottolineato che la retroattività della legge deve trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e ciò accade quando la norma retroattiva «si limita ad assegnare alla disposizione interpretata un significato riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario (...)» (Corte costituzionale 28/3/08 n. 74).

Al riguardo la stragrande maggioranza dei commentatori e anche la stessa agenzia delle Entrate in alcune presentazioni a convegni del 2008 e nelle risposte alle istanze di apertura di procedure amichevoli avevano sottolineato come dal 2007 le rettifiche di Tp non valessero più ai fini Irap. La Cassazione non ha inoltre considerato se la norma del 2013 sia compatibile con l’orientamento della Corte di giustizia secondo la quale, per il principio della certezza del diritto, una normativa che comporta conseguenze svantaggiose per i privati deve essere chiara e precisa e la sua applicazione deve essere prevedibile per gli amministrati (in tal senso Corte di giustizia 12/12/13 C-362/12 punto 44).

Come si è visto, la norma del 2007 era chiara nell’escludere le rettifiche Tp all’Irap. La Cassazione sottolinea anche che l’intervento «chiarificatore» del legislatore riguarda un «breve lasso di tempo». Sei anni di maggiori imposte, dal 2008 al 2013, non sembrano in realtà essere un periodo breve.

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