Professione

I commercialisti crescono al Nord ma al Sud il reddito aumenta di più

Presentato il XIV rapporto della Fondazione nazionale: circa 120mila iscritti all’Albo

di Maria Carla De Cesari

Se si guardasse al tessuto economico italiano attraverso la lente dei commercialisti verrebbe sconfessata una visione tradizionale. Quella del Sud che cresce, nel reddito, meno del Nord del Paese. Nel 2019 e nel 2020, infatti, il reddito dei commercialisti è cresciuto in misura maggiore nel meridione rispetto al resto d’Italia. Un riflesso, probabilmente, dell’aumento delle società di capitale, anche se i numeri non sono sufficienti per un giudizio compiuto. È questo uno spaccato del XIV rapporto sulla professione, che è stato presentato ieri a Roma al Palazzo dei Congressi nel corso di un seminario curato dalla Fondazione nazionale dei commercialisti. Tra i numeri tante conferme rispetto all’andamento degli ultimi anni, come quella della diminuzione dei praticanti e degli abilitati o la crescita dell’età media degli iscritti all’Albo. Per contro, si segnala il dinamismo del mercato professionale del Sud e l’affermarsi di attività come la consulenza aziendale e del lavoro.

Sono poco meno di 120mila gli iscritti all’Albo dei commercialisti. Nel 2008, al debutto dell’Albo unico, erano poco più di 107mila. Il tasso di crescita annuale è passato dall’1,8 del 2008 allo 0,4% del 2020: in questo caso è il Nord a fare da traino, secondo una costante dal 2012. Gli abilitati crollano da 5.195 a 1.286. Il rapporto tra abitanti e iscritti passa da 555 a 497 (-10,5) e il rapporto imprese/iscritti diminuisce da 50 a 43 (-12,3). C’è la sorpresa dei redditi, come detto, con un miglioramento al Sud dell’1,5 e del 5% contro il -0,1 e il 2 per cento del Nord.

«È chiaro – ha spiegato Tommaso Di Nardo, ricercatore della Fondazione che ha curato il rapporto – il calo del rapporto imprese/iscritti al cui interno, però, si registra l’aumento del rapporto società di capitale/iscritti. Ciò implica una modifica strutturale dell’equilibrio tra domanda e offerta di servizi professionali. Negli ultimi anni stiamo registrando una forte crescita della domanda sia sul piano quantitivo, poiché ci sono più società di capitale, in particolare Srl, sia a livello qualitativo. Infatti, aumentano i servizi di consulenza rispetto all’assistenza contabile e fiscale di base».

L’analisi delle attività prevalenti negli studi nel periodo 2000-2018 dimostra la stabilità (54%) di alcune aree tradizionali come la revisione (è ricompreso anche il collegio sindacale), la contrattura del contenzioso tributario (dal 49 al 39%) e delle attività collegate alla gestione della crisi d’impresa (dal 35 al 25%), mentre cresce specialmente la consulenza aziendale (dal 15 al 38%).

L’aumento della domanda di specializzazione e di servizi integrati contrasta però con lo scarso interesse per forme di aggregazione professionale. «Prevale il modello atomistico – ha commentato Di Nardo – ma i dati mostrano che chi esercita in forma aggregata, associata o societaria, dichiara redditi nettamente più elevati e con trend annuali molto più dinamici». Lo studio individuale ha infatti un reddito medio di poco più di 50mila euro, contro 131mila euro pro capite di quello associato; il tasso di crescita 2020-2018 è stato, rispettivamente, del 2,9 e del 5,2 per cento. Le società tra professionisti sono 1.184.

Durante la mattinata di ieri sono stati dedicati focus anche alla crisi d’impresa e al 110%: relatori i ricercatori della Fondazione, Cristina Bauco, Paola Rossi, Giuseppe Avanzato e i consiglieri Nicolò La Barbera e Nicola Cavalluzzo, insieme con il consigliere nazionale Andrea Foschi. La Fondazione, che nel corso della consiliatura ha guadagnato autonomia dal Consiglio nazionale, punta, con la produzione scientifica e specialistica, a dare strumenti ai professionisti. È il caso della check list per apporre il visto di conformità per la cessione dei bonus.

Si è parlato pure della delega fiscale con Pasquale Saggese, ricercatore della Fondazione, che ha messo in guardia dalle insidie di una legge delega troppo generica e forse reticente sul fronte delle garanzie per il contribuente, soprattutto per quanto riguarda il contraddittorio nell’attività di accertamento.

Infine la nota politica: il presidente del Consiglio nazionale, Massimo Miani, è stato ricevuto al ministero della Giustizia, dopo che dall’assemblea dei presidenti degli Ordini è arrivato, mercoledì, il mandato a continuare nell’incarico. Cruciale diventa la decisione del Tar, il 12 ottobre. Se dovesse essere rigettato il ricorso contro il Consiglio nazionale, si fisseranno rapidamente le elezioni. Se il ricorso, invece, dovesse trovare accoglimento, sarà probabilmente il ministero della Giustizia a dover dipanare la vicenda.

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