Diritto

Niente transazione fiscale se il sì dell’Erario non è necessario per raggiungere la soglia delle adesioni

Lo ha chiarito il Tribunale di Cagliari

La possibilità di forzare la volontà della amministrazione finanziaria (il cosiddetto cram down fiscale e previdenziale) è consentita solo se ricorrono tutte e due le condizioni previste dalla legge: decisività della proposta ai fini del raggiungimento della percentuale minima di creditori aderenti all’accordo e convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria. Se la proposta è conveniente ma l’adesione dell’Erario non è necessaria per raggiungere la percentuale minima di adesioni, il cram down non può essere ammesso perché violerebbe i principi di ragionevolezza e uguaglianza. Lo ha chiarito il Tribunale di Cagliari (decreto del 17 novembre 2021).

La decisione affronta il delicato tema dell’alternatività o della cumulabilità delle condizioni previste dall’articolo 182 bis della legge fallimentare, pronunciandosi a favore della cumulabilità. Secondo i giudici il cram down non è, dunque, giustificato nel caso in cui la maggioranza possa essere raggiunta anche senza il consenso dell’Erario: situazione in cui quest’ultimo deve essere soddisfatto come tutti gli altri creditori non aderenti, pena la violazione dei principi di ragionevolezza e uguaglianza. Nel caso opposto di decisività dell’adesione ma non convenienza della proposta, optare per l’alternatività delle condizioni implicherebbe consentire l'omologazione forzata di un accordo svantaggioso per l’Erario.



Il caso
La società presenta ricorso per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, ai sensi dell’articolo 182 bis della legge fallimentare. Nell’ambito di tale accordo, il debitore formula una proposta di transazione fiscale, ai sensi dell’articolo 182 ter della legge fallimentare, che non viene accettata dall’agenzia delle Entrate.
Il piano di ristrutturazione ha una struttura liquidatoria e prevede la cessione dell’intero patrimonio e l’utilizzo delle giacenze di cassa. A fronte di tali attività, la società propone la soddisfazione integrale delle spese di prededuzione, il pagamento integrale dei creditori non aderenti entro i termini di legge e dei creditori aderenti entro tre anni dalla definitività del decreto di omologa.
I creditori aderenti all’accordo rappresentano quasi il 90% dei crediti, rendendo quindi non decisiva la mancata adesione dell’Erario.
La proposta
La proposta di transazione fiscale prevede il soddisfacimento del debito tributario mediante la cessione degli immobili liberi da pregiudizievoli, sui quali la società si è altresì impegnata a iscrivere ipoteca di primo grado in favore dell’Erario.
Preso atto della mancata adesione dell’agenzia delle Entrate, il Tribunale ritiene che la proposta del debitore sia più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, come anche attestato dal professionista indipendente. Tuttavia, i giudici ritengono insussistenti i presupposti per l’applicazione del cram down, poiché a fronte della convenienza della proposta manca la condizione necessaria della decisività dell’adesione dell’Erario.
La cumulabilità delle condizioni
Il Tribunale affronta il delicato tema dell’alternatività o della cumulabilità delle condizioni previste dall’articolo 182 bis della legge fallimentare. I giudici privilegiano quest’ultima, sulla base delle seguenti considerazioni:
- il tenore letterale della norma e l’utilizzo del congiuntivo «e», che fa presumere la necessaria contestualità dei presupposti;
- la ratio della norma, rappresentata dal superamento di ingiustificate resistenze dell’Erario al ricorrere di entrambe le condizioni;
- la stretta interpretazione della norma, poiché deroga al principio generale volontaristico degli istituti di composizione della crisi.

Il cram down è, dunque, giustificato dalla decisività del voto e in caso di maggioranza raggiunta anche senza il consenso dell’Erario, quest’ultimo deve essere soddisfatto come tutti gli altri creditori non aderenti, pena la violazione dei principi di ragionevolezza e uguaglianza.

La possibilità di forzare la volontà dell’Erario è quindi consentita soltanto se ricorrono entrambi i presupposti, mentre è contraddittorio applicare tale istituto al ricorrere di uno solo di questi, rendendo ipoteticamente possibile coartare il consenso decisivo del creditore pubblico a fronte di una proposta non conveniente.

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