Imposte

Comunione di aree con imposta di registro fissa e senza ipocatastali

La risposta a interpello 326 esclude l’assoggettamento a Iva in assenza di conguagli

di Angelo Busani

L’atto con il quale una pluralità di proprietari esclusivi di singole aree, le mettono in comunione, diventando comproprietari pro quota dell’area risultante dalla fusione delle proprietà individuali, al fine della realizzazione unitaria di un intervento urbanistico assentito dalla pianificazione comunale (e anche per evitare la penalizzazione della singola area, sfavorita dalla sua localizzazione):

• non è soggetto a Iva se non sono previsti conguagli;

• non realizza plusvalenze rilevanti come reddito diverso tassabile in base agli articoli 67 e 68 del Tuir;

• è soggetto a imposta di registro in misura fissa ed è esente dalle imposte ipotecaria e catastale.

Si tratta dell’opinione espressa dall’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 326 del 2022, in cui, in particolare, è stata riconosciuta l’applicabilità del trattamento tributario (articolo 32, comma 2, del Dpr 601/1973), vale a dire quello riservato agli atti «preordinati» alla «trasformazione del territorio» recepiti in accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici nonché agli atti «attuativi» ossia posti in essere in esecuzione delle suddette convenzioni o di atti unilaterali d’obbligo.

Per l’applicazione di tale regime di favore è stato ritenuto determinante, nel caso esaminato, il fatto che il prefigurato atto costitutivo di una comunione volontaria tra colottizzanti fosse funzionalmente connesso a una convenzione con il Comune nel cui territorio le aree in questione sono situate e che si trattasse di un’attività che non fosse mossa dall’intento di dare attuazione a un intento speculativo.

Al contrario, è stata data centralità all’osservazione che lo “scioglimento” delle singole proprietà individuali in una unica comproprietà pro indiviso fosse funzionale alla eliminazione degli effetti distorsivi causati dalla diversa condizione delle singole proprietà individuali, a causa della loro conformazione e ubicazione.

In altre parole, l’atto di messa in comunione è stato inteso come preordinato a realizzare una funzione ripartitoria e distributiva, in quanto ipotizzato per rimuovere gli squilibri patrimoniali che sarebbero derivati dalla considerazione individuale delle singole aree nel contesto del piano urbanistico attuativo: la “trasformazione” delle proprietà singole in un unico grande ambito comune al quale tutti i singoli proprietari partecipano pro quota, realizza infatti l’obiettivo di neutralizzare la sperequazione derivante dal fatto che, nell’ambito del comparto, l’edificazione è concentrata su alcuni specifici lotti.

Sotto il particolare profilo dell’Iva, l’Agenzia osserva (richiamando le risoluzioni 1/E del 2019 e 56/E del 2015) che il caso osservato è da intendere come un negozio di “redistribuzione”, il quale svolge una «funzione meramente ripartitoria-distributiva»: esso pertanto non rientra nel campo di applicazione dell’Iva perché non contempla uno «scambio negoziale di proprietà fra le parti» e non prevede la corresponsione di conguagli in denaro.

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