Abitazione principale, non può essere negata un’esenzione a famiglia
Un’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale torna sul tema, in attesa che si pronunci la stessa Corte
Nell’alveo delle recenti posizioni assunte da legislatore, giudici e dottrina sulla corretta tassazione Imu dell’abitazione principale dell’unico nucleo familiare costituito da coniugi non legalmente separati, una convincente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale consente di tornare sul tema, in attesa che in modo conclusivo si pronunci la stessa Corte.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli, con ordinanza emessa il 18 ottobre e depositata il 22 novembre 2021, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 214/2011, «nella parte in cui non prevede l’esenzione dall’imposta per l’abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune, per violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione, anche in relazione agli articoli 1, 29, 31, 35 e 47 della Costituzione». Il giudizio è stato conseguentemente sospeso in attesa della pronuncia della Corte costituzionale; stessa sorte dovranno subire i giudizi tributari tuttora pendenti.
I Comuni devono aver ben chiaro che sanzioni e interessi moratori non possono applicarsi in un caso lampante di affidamento qualificato e di obiettiva incertezza della legge e delle interpretazioni. Tema apparentemente più complesso, per quanto di agevole soluzione anche per la Corte costituzionale, la debenza dell’imposta sulla base o meno del riconoscimento dell’agevolazione, fortemente innervata dalla funzione antielusiva.
È sin troppo evidente – e talvolta l’evidenza può essere accecante per l’interprete – che il vantaggio fiscale Ici/Imu per l’abitazione principale dell’unico nucleo familiare di coniugi non legalmente separati né può essere eliminato né può essere duplice.
La moltiplicazione dei contenziosi, la diffusa erronea convinzione dell’opzionalità dell’interpretazione adeguatrice, la difficoltà ad un solido inquadramento di principio, l’intervento parziale del legislatore del 2021, pur significativo sul piano dell’interpretazione sistematica e latamente autentica, tutto concorre alla necessità dell’intervento della Corte.
La Ctp di Napoli giudicava su un ricorso cumulativo oggettivo avverso avvisi di rettifica Imu 2015 / 2018 nei quali il Comune, in forza dell’articolo 13, comma 2, del Dl 201/11, aveva negato il diritto all’agevolazione. Ad avviso del giudice remittente la norma scrutinata, negando l’agevolazione Imu per l’abitazione principale del ricorrente a causa della residenza anagrafica e dimora di un componente del nucleo familiare in un altro Comune, determina le seguenti violazioni di principi costituzionali:
- principio di ragionevolezza (articolo 3 della Costituzione) e diritto alla parità dei contribuenti coniugati rispetto a partner di fatto (3, 29 e 31), lasciando che l’agevolazione spetti, per espressa previsione di legge, nel caso in cui la diversa residenza sia endo-comunale, e non competa nel caso in cui essa sia extra-comunale; si tratta di norma che penalizza i contribuenti coniugati rispetto ai componenti delle famiglie di fatto;
- capacità contributiva (articolo 53), che postula l’uguaglianza sostanziale dei contribuenti (120/72);
- parità dei diritti dei lavoratori costretti a lavorare fuori della sede familiare (articoli 1, 3, 4 e 35);
- aspettativa rispetto alle provvidenze per la formazione della famiglia e adempimento dei compiti relativi (articolo 31);
- tutela del risparmio (articolo 47), senza vincoli territoriali.
Come ricorda la Ctp, l’iniziale interpretazione della circolare del dipartimento Finanze 3/2012, era nel senso che l’omissione di una previsione espressa dell’agevolazione in presenza di residenza e dimora di un componente in immobile ubicato in un comune diverso, non ne costituisse negazione ma, al contrario, implicita conferma, senza il limite quantitativo di applicabilità riferito ai soli immobili endo-comunali.
La Ctp richiama la giurisprudenza della Cassazione e invoca la necessità del sindacato della Corte costituzionale, non essendo, a suo dire, praticabile una interpretazione adeguatrice a fronte di una norma, qualificata come esentativa, che ha omesso di normare la situazione prospettata, identica nei suoi presupposti formali e sostanziali a quella disciplinata, quindi meritevole di pari tutela agevolativa.
Il completamento della lacuna e la soluzione dell'aporia normativa sarebbe di immediata evidenza, nella parte in cui la norma non prevede una espressa regola che estenda l'esenzione a parità di condizioni; infatti la norma, pur legittimando il diritto all'esenzione Imu per un solo immobile nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, irrazionalmente la preclude, sia sul piano letterale che nell'interpretazione del “diritto vivente”, a parità di condizioni sostanziali, quando l'identica situazione di fatto si verifichi in riferimento a comuni diversi.
Tra le luci e ombre che investono la Cassazione deve muoversi il contribuente, con il suo nucleo familiare, forte dei principi costituzionali cui non può resistere una registrazione anagrafica distinta in Comuni diversi dei due coniugi non legalmente separati, a fronte di nessuna abusiva duplicazione dell’accesso all’agevolazione e della prova che la dimora abituale del nucleo familiare è unica.
Come ribadito dai giudici remittenti, il sindacato della Corte costituzionale è applicabile anche alle norme agevolative, a condizione che le scelte legislative discrezionali siano irragionevoli (134/1982). Il beneficio deve essere esteso a fattispecie analoghe (154/1999).
La minima e massima espansione dell'agevolazione, reimpiantata nell'alveo costituzionale, comporta l'identificazione almeno di un'abitazione principale per nucleo familiare, sia esso di fatto o di diritto.