Controlli e liti

Abuso del diritto, meno vincoli sul passaggio generazionale

L’abuso del diritto nelle riorganizzazioni delle holding di famiglia in cerca di maggiori certezze

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di Giorgio Vaselli

Con la risposta ad interpello 537/2019, l’agenzia delle Entrate torna a pronunciarsi sui profili elusivi di un’articolata riorganizzazione di una holding di famiglia finalizzata a prevenire i possibili effetti negativi (in termini di governance del gruppo) derivanti da un possibile passaggio generazionale.
La pronuncia è positiva (l’operazione non viene considerata elusiva) e complessivamente può essere accolta come un ulteriore passo avanti nell’interpretazione della norma anti abuso (in mancanza di una circolare sull’articolo 10-bis della legge 212/2000). Ciononostante, confrontando la risposta 537/2019 con altre posizioni ufficiali del 2019 su operazioni simili di riassetto proprietario e passaggio generazionale delle Pmi a conduzione familiare (in primis il principio 20/2019 e la risposta 341/2019 su operazioni di family buy out), si scorgono ancora delle incongruenze sul trattamento fiscale di alcuni elementi caratteristici di questo tipo di operazioni che andrebbero superate definitivamente.
Il caso in esame ha ad oggetto una holding di partecipazioni in società industriali (core business) e immobiliari, con investimenti finanziari e liquidità, partecipata da due fratelli in egual misura. Questi ultimi, per evitare che un passaggio generazionale possa creare uno stallo gestionale nel core business, intendono separare il comparto industriale da quello immobiliare e creare due nuove holding (una per ciascuno dei due soci). Post riorganizzazione:

le nuove holding parteciperebbero in egual misura nella società industriali ;

la holding esistente (partecipata dai medesimi soci) continuerebbe ad essere il socio unico/di controllo delle società immobiliari e a detenere gli altri investimenti. In questo modo, le nuove holding eviterebbero un frazionamento delle partecipazioni nelle società industriali tra i possibili discendenti dei due soci.

L’analisi dell’Agenzia sull’abuso del diritto continua a seguire lo schema logico adottato negli ultimi anni (in linea con la migliore dottrina e alcune pronunce della Cassazione) ricercando, in successione: il vantaggio fiscale indebito, l’assenza di sostanza economica, l’essenzialità del vantaggio fiscale. In particolare, si analizzano due aspetti chiave dell’operazione:

la cessione, alla holding esistente, di partecipazioni nelle società industriali detenute direttamente dai due soci (10% ciascuno), il cui costo fiscale era stato rivalutato nel 2013;

la scissione parziale non proporzionale della holding esistente (con la creazione delle due nuove holding).

Il primo aspetto è il più controverso. Il risparmio d’imposta derivante dalla cessione delle partecipazioni rivalutate nel 2013 alla holding esistente è considerato indebito perché in contrasto con la ratio della norma sulle rivalutazioni (articolo 5, legge 488/2001, rinnovata annualmente) mancando un “effettivo disinvestimento” dei cedenti. Ciononostante, è in parte apprezzabile lo sforzo dell’Agenzia nel considerare l’operazione conforme alle logiche di mercato (e quindi non abusiva) e nel riconoscere il diritto del contribuente al legittimo risparmio d’imposta (articolo 10-bis, comma 4). L’”effettivo disinvestimento” ai fini della norma sulle rivalutazioni sembra mutuato dal principio 2/2019 (criticato in dottrina) che considera abusiva un’operazione di leveraged cash out perché “circolare”. Ebbene, se si accetta questa reiterata lettura dell’Agenzia (nuova rispetto alla copiosa prassi su regime della rivalutazione e non condivisa da alcuni autori), è anche ragionevole superare definitivamente la posizione della risposta 341/2019 (altrettanto criticata) che considera abusivo un “effettivo disinvestimento” dei soci di prima generazione che cedono le partecipazioni (rivalutate) ad una società partecipata dai soci di seconda generazione.
Sul secondo aspetto, invece, è positiva l’ennesima conferma che la scissione parziale non proporzionale non realizzi un vantaggio fiscale indebito (in linea con diverse pronunce favorevoli del 2018 e del 2019).
L’Agenzia conclude che la costituzione delle nuove holding potrebbe essere considerata abusiva se strumentale ad applicare l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’articolo 3, comma 4-ter, Dlgs 346/1990. Non sarebbe stato il caso di trattare un aspetto del genere solo marginalmente, soprattutto dopo aver riconosciuto la genuinità della nuova struttura ai fini delle imposte dirette. Si ricorda, peraltro, che nella recente risposta 343/2019 la riorganizzazione di una holding di famiglia finalizzata anche a «preordinare le condizioni del successivo passaggio generazionale» era stata valutata non elusiva ai fini del tributo successorio.

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