Accantonamenti senza derivazione
Fisco coerente sull’accantonamento a fondi, indipendentemente dai principi contabili adottati dall’impresa. Il decreto del 10 gennaio 2018 , destinato alle imprese che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali Ias/Ifrs, si occupa degli aspetti fiscali relativi all’applicazione del principio Ifrs 15, sulla rilevazione in bilancio dei ricavi provenienti da contratti con i clienti.
Il decreto conferma l’impostazione fiscale che prevede l’irrilevanza ai fini Ires e Irap degli accantonamenti a fondi sino al momento in cui gli stessi diventano certi: questo avviene indipendentemente dalle modalità di rilevazione in bilancio dell’accantonamento.
In tali casi non si applica la derivazione rafforzata prevista dall’articolo 83 del Tuir, in quanto prevale l’articolo 107 «Altri accantonamenti» che prevede la sola deducibilità di taluni fondi (lavori ciclici, imprese concessionarie, operazioni/concorsi a premio) e, al comma 4, precisa che non sono deducibili accantonamenti diversi da quelli espressamente indicati.
In particolare, l’Ifrs 15 prevede che eventuali penali legali e contrattuali riducono direttamente l’importo del corrispettivo: in sostanza, le penali non sono contabilizzate in un fondo ma sono portate a riduzione del ricavo.
Pertanto, l’articolo 2 del decreto dispone che le variazioni del corrispettivo, previste dall’Ifrs 15, derivanti da penali legali e contrattuali, sono deducibili nell’esercizio in cui diventa certa l’esistenza e determinabile in modo obiettivo l’ammontare: dovrà essere operata in dichiarazione prima la variazione in aumento e successivamente quella in diminuzione.
La norma precisa che si considera comunque rispettata l’imputazione nel conto economico del componente negativo richiesta dall’articolo 109, comma 4: precisazione importante perché la penale transita nel conto economico «indirettamente», quale riduzione del ricavo.
Le stesse regole sono contenute nell’articolo 3 del decreto, relativo alle vendite con diritto di reso. In definitiva, con riferimento agli accantonamenti a fondi, indipendentemente dalle modalità di contabilizzazione, si applicano sempre gli articoli 9 del Dm 8 giugno 2011 e 107 del Tuir.
Il decreto del 3 agosto 2017 estende alle imprese che redigono il bilancio in base al codice civile, integrato sul pianto tecnico dai principi contabili nazionali, quanto prevede l’articolo 9 del decreto 8 giugno 2011 con riferimento agli accantonamenti a fondi.
La relazione precisa che la disciplina dell’articolo 107 del Tuir si applica a tutti i componenti iscritti in contropartita di passività di scadenza e ammontare incerti che presentano i requisiti indicati nel principio contabile Oic 31, anche se classificati sulla base della natura delle spese che generano le passività e non a titolo di accantonamento.
Infatti, l’Oic 31 ribadisce che per l’imputazione nel conto economico degli accantonamenti prevale il criterio della classificazione «per natura» dei costi, sia se riferiti ad operazioni relative alla gestione caratteristica e accessoria (Area B), sia se relativi alla gestione finanziaria (Area C).
Preliminarmente si deve stabilire l’area interessata all’imputazione e, successivamente, se l’area è quella relativa all’attività caratteristica e accessoria (Area B), l’imputazione avviene nelle voci più pertinenti, diverse dalle voci B12 e B13 che sono utilizzate soltanto in via residuale. Per esempio, l’accantonamento per oneri di ristrutturazione legati ai dipendenti è rilevato nel conto economico tra i costi del personale.
Non si tratta di una novità, perché la previsione era già contenuta nel documento interpretativo n. 1 del 1998 emanato dalla Commissione per l’emanazione dei principi contabili del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti.