Ace, test d’obbligo per le fusioni anche nei periodi di consolidato
Le indicazioni delle Entrate con gli interpelli 277 e 278: la procedura è richiesta anche in presenza di interessi passivi. Stretta sulla deducibilità dei costi di incremento della partecipazione in ambito Oic
Per il riporto degli interessi passivi e delle eccedenze Ace in caso di fusione le limitazioni del vitality test e del limite patrimoniale trovano spazio anche per i periodi di vigenza del consolidato, oltre che per quelli anteriori. È questa la risposta delle Entrate n. 278 del 4 aprile.
La società B è stata costituita e patrimonializzata con un cospicuo versamento in conto capitale per procedere all’acquisizione della società A. Dal 2015 B, A e D sono confluite in un consolidato fiscale. Nel 2021 è stata effettuata la fusione inversa di B nella target A, con retrodatazione degli effetti al 1° gennaio, ed il consolidato è proseguito fra A e D. All’atto della fusione B aveva un’eccedenza Ace ante consolidato (2014) e una in costanza dell’istituto (2020). Invece l’incorporante A non ha posizioni soggettive residue, in quanto le perdite conseguite sono state giù utilizzate nel Cnm. La controllante B non rispetta il test di vitalità quanto a ricavi e spese per dipendenti (che non ha). Per l’Agenzia il test va sempre disapplicato. Infatti la circolare 12/E/14 ha chiarito che le eccedenze Ace vanno obbligatoriamente cedute in quanto quelle non trasferite, in ipotesi di capienza di gruppo, non sono riportabili dalle società titolari.
La fusione in questione non è interruttiva del consolidato (articolo 11 del Dm 2018). In tali casi il consolidato di per sé già consente la compensazione intersoggettiva delle perdite, motivo per cui in caso di fusione non si applica la disciplina dell’articolo 172, comma 7, del Tuir (circolare 9/E/10). Invece per le eccedenze di interessi passivi in ipotesi di fusione quei limiti sono sempre operanti (risoluzione 42/E/11), in quanto non c’è alcuno spossessamento in relazione alla posizione soggettiva, che nel caso di mancato utilizzo torna nella disponibilità del soggetto che l’ha generata. Per le eccedenze Ace vale la stessa logica secondo l’Agenzia, che si evince dall’articolo 6 del Dm 3 agosto 2017.
Quindi anche per esse, come per gli interessi, le limitazioni dell’articolo 172, comma 7, sono sempre operanti. Corollario di ciò è il fatto che le eccedenze Ace, sia ante che in costanza di consolidato (ma anche quelle dell’eventuale periodo interinale) soggiacciono sempre tutte ai limiti in caso di fusione, richiedendo l’interpello disapplicativo.
Per la risposta n. 277 i costi di transazione imputati ad incremento del costo della partecipazione in ambito Oic nel caso di incorporazione da parte di un soggetto Ias riducono il patrimonio netto, ma non sono deducibili ai fini Ires e Irap. Una Spac che redige il bilancio Oic ha acquisito una target Ias quotata, con un’Opa i cui costi sono stati portati a incremento della partecipazione ai sensi dell’Oic 21. A seguito poi della fusione tali costi sono stati decrementati dal patrimonio netto, in quanto i principi internazionali non consentono di spesarli. La società vorrebbe tuttavia dedurli fiscalmente. L’Agenzia non è d’accordo. Infatti la capitalizzazione dei costi fiscalmente incrementa il valore della partecipazione ex articolo 110, comma 1, lettera b) del Tuir. Di fatto, come già chiarito nella risposta n. 235 del 2023, se la società ha incrementato nel 2020 e 2021 il costo della partecipazione (nella target) degli oneri accessori, sia contabilmente sia fiscalmente, ha di fatto definito il proprio comportamento e non è più possibile tornare indietro. Quindi la successiva fusione a opera di un soggetto Ias che comporta il decremento di tali costi dal patrimonio netto non può consentire, poi, di dedurre gli stessi né ai fini Ires né tantomeno di farli concorrere alla formazione della base imponibile Irap. Tanto più che si tratta di costi afferenti a periodi di imposta precedenti (2020 e 2021) rispetto a quello in cui la deduzione verrebbe operata.