Addizionale del 10% sui compensi ai dirigenti del settore finanziario, partita aperta sui rimborsi
La sentenza 191/5/2021 della Ctr Lombardia apre uno spiraglio per la restituzione ma non mancano altri orientamenti contrari
Deve essere rimborsata l’addizionale del 10% applicata sui compensi erogati sotto forma di bonus e stock options ai dirigenti e ai collaboratori coordinati e continuativi operanti nel settore finanziario se la parte variabile non supera tre volte quella fissa. Pertanto, l’obbligazione tributaria dell’addizionale nasce nella misura in cui la parte variabile è superiore di tre volte della retribuzione fissa. Ma se si dovesse verificare tale condizione, la base imponibile deve essere determinata come differenziale tra l’intera parte variabile e quella fissa e non più come la quota del compenso variabile che eccede il triplo della retribuzione fissa. È la conclusione della sentenza 191/5/2021 della Ctr Lombardia.
Ma facciamo un passo indietro. L’articolo 33 del Dl 78/10 ha introdotto un’addizionale del 10% applicabile sugli emolumenti variabili corrisposti, sotto forma di bonus e stock options, a dirigenti e collaboratori di imprese operanti nel settore finanziario.
Affinché scatti il prelievo, però, occorre che la parte variabile superi il triplo di quella fissa; se si verifica tale presupposto, sull’eccedenza tra le due componenti viene applicata l’imposta aggiuntiva.
Con il Dl 98/2011 è intervenuto il legislatore aggiungendo, all’articolo 33, il comma 2bis. Quest’ultimo stabilisce, in sostanza, che la base imponibile, su cui applicare l’imposta, è data dalla parte degli emolumenti variabili che eccedono la remunerazione fissa.
Numericamente ciò sta a significare che, prima della modifica normativa, la base imponibile era rappresentata dall’erogazione variabile che supera il triplo di quella fissa. Inpratica:
• remunerazione pari a 1.000;
• quota variabile pare a 4.000;
• base imponibile pari a 1.000=[4.000- (3*1.000)].
L’introduzione del comma 2-bis, invece, come interpretato dall’agenzia delle Entrate (circolare 41/E 2011) e confermato anche successivamente con la risposta 146/2018, avrebbe l’effetto di ampliare la base imponibile, cosicché, a fronte di una retribuzione fissa pari a mille e di compensi variabili pari a 3mila, l’addizionale verrebbe applicata su 2.000.
Dal delineato contesto normativo i giudici hanno confermato la sentenza di primo grado e la legittimità della richiesta di rimborso del contribuente sebbene abbiano riconosciuto che l’intervento normativo, seppur abbia ampliato la base imponibile - che diviene l’intera parte della retribuzione variabile eccedente quella fissa – non ha modificato i presupposti su cui applicare il prelievo fiscale.
Tradotto in termini pratici, il principio espresso dal collegio lombardo, diametralmente opposto a quello enunciato dalla stessa commissione con la sentenza 723/18/2020, è quello secondo cui affinché operi la tassazione del 10% – che si applica sull’integrale parte della retribuzione variabile eccedente quella fissa – occorre verificare necessarimente che la remunerazione variabile ecceda di tre volte quella fissa; se tale condizione non si dovesse verificare, viene meno l’obbligazione tributaria.