Contabilità

Affrancamento di partecipazioni al vaglio delle operazioni elusive

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di Giorgio Gavelli

Nuovi calcoli e nuove cautele per i contribuenti interessati alla (ennesima) riapertura, da parte della legge di Bilancio 2019, della facoltà di affrancamento di valore delle partecipazioni.
La norma prevede il versamento della prima (o unica rata) dell’imposta sostitutiva entro il prossimo 1° luglio (il 30 giugno è domenica). Tale opportunità, inizialmente disciplinata dall’articolo 5 della legge 448/2001, è stata riproposta dall’articolo 1 (commi 1053 e 1054) della legge 145/2018. Permette a chi possedeva al 1° gennaio 2019 le partecipazioni di ottenere - pagando la sostitutiva - la “liberazione” dall’imposta sui redditi gravante sull’eventuale plusvalenza del valore riportato da una perizia giurata di stima redatta da soggetti qualificati. Le partecipazioni non devono essere quotate e, soprattutto, devono essere detenute al di fuori del regime d’impresa (persone fisiche, società semplici, associazioni professionali ed enti non commerciali).

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I ragionamenti degli ultimi anni, però, vanno aggiornati. In primo luogo, la sostitutiva (da calcolarsi sul valore proporzionale a quello del patrimonio sociale, come stimato con perizia asseverata da soggetto qualificato entro lo stesso termine previsto per il versamento) passa dall’8% delle ultime edizioni a una duplice aliquota: 10% per le partecipazioni non qualificate e 11% per quelle qualificate. Distinzione difficilmente comprensibile se si pone mente al fatto che, proprio dal 1° gennaio scorso, l’imposizione ordinaria sui capital gain, è stata unificata per tutte le partecipazioni cedute da persone fisiche non imprenditrici, con un prelievo sostitutivo del 26% della plusvalenza (per effetto dell’articolo 1, commi 999 e seguenti, della legge 205/2017).

Tutto ciò significa che la sostitutiva offerta dalla manovra 2019 premia il contribuente (al di là dei costi di perizia) rispetto al regime ordinario quando la plusvalenza insita nel titolo non qualificato è almeno il 63% rispetto al costo fiscalmente riconosciuto, percentuale che sale al 74% per le partecipazioni qualificate.

Come già ricordato per le aree (si veda Il Sole 24 Ore dell’8 aprile), anche per le partecipazioni, secondo la Cassazione - da ultimo, sentenza 10298/2019 - agli eredi non è consentito chiedere a rimborso l’imposta sostitutiva versata dal de cuius (divenuta inefficace poiché per gli eredi il valore fiscalmente riconosciuto è quello dichiarato in successione). Per cui, all’atto del versamento, è opportuno che il progetto di cessione sia abbastanza avanzato.

Nel caso di partecipazioni estere, l’utilità dell’affrancamento si presenta, in particolare, quando la plusvalenza è imponibile sia in Italia che all’estero, ipotesi in cui il prelievo estero si sommerebbe con la sostitutiva italiana del 26% senza permettere alcun rimedio alla doppia imposizione. Per approcciare correttamente i vari casi vanno analizzate le singole convenzioni contro le doppie imposizioni (si veda Il Sole 24 Ore del 21 gennaio), oltre ovviamente al rapporto tra plusvalenza (imponibile ordinariamente) e valore del titolo (base di calcolo per il 10% o l’11 per cento).

Per quanto riguarda, invece, le plusvalenze realizzate da soggetti esteri per la cessione di partecipazioni possedute in Italia, occorre considerare, in primo luogo, l’articolo 23, comma 1, lettera f) del Tuir e, secondariamente, l’articolo 5, comma 5, del Dlgs 461/1997, secondo cui non concorrono a formare il reddito le plusvalenze da partecipazioni non qualificate percepite da soggetti residenti all’estero, di cui all’articolo 6, comma 1, del Dlgs 239/1996, ossia «residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni». Anche in questo caso l’esame delle convenzioni aiuta a dipanare gli interrogativi sulla convenienza ad affrancare nei singoli casi.

Oltre agli aspetti di fattibilità e convenienza economica, vanno considerati anche le possibili contestazioni che il Fisco potrebbe sollevare in caso di operazioni complesse, rispetto ai quali una prima - parziale - bussola può arrivare dalle pronunce dei giudici (si veda l’articolo in basso). Ad esempio, la Ctr Lombardia (2236/23/2018) ha affermato che, in linea di principio, se le operazioni sono motivate dal passaggio generazionale, non si può parlare di abuso del diritto.

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