Imposte

Alluvione, Iva a doppio binario per scarti di prodotti e macchinari

Se il rifiuto non è nocivo ma riutilizzabile, si tratta di una cessione di beni. Si realizza una permuta con la società di raccolta e la fatturazione è reciproca

di Giampaolo Giuliani

Tra i tanti problemi che in questi giorni sono chiamate ad affrontare le aziende colpite dalle recenti alluvioni, vi è anche lo smaltimento dei materiali e dei macchinari di ogni tipo che l’acqua e il fango hanno completamente o parzialmente reso inservibili. Ai fini della disciplina Iva, queste operazioni di smaltimento sono legate alla classificazione dei prodotti e del materiale di scarto di cui l’azienda intende disfarsi.

I rifiuti nocivi classificati

In generale, l’oggettiva classificazione di uno scarto di produzione come rifiuto pericoloso tossico o nocivo garantisce anche ai fini Iva la totale mancanza di un valore commerciale: ciò evita che possa attivarsi un rapporto sinallagmatico tra l’impresa produttrice dello scarto – per la quale l’operazione è priva di rilevanza ai fini Iva per carenza del presupposto oggettivo – e l’impresa che provvede al suo smaltimento, la quale realizza una prestazione di servizi rilevante ai fini Iva.

Questo tipo di operazioni possono essere attestate mediante il formulario di identificazione dei rifiuti (Fir) e gli altri documenti obbligatori, quali i registri di carico e scarico dei rifiuti.

Gli scarti riutilizzabili

Potrebbe però accadere che un rifiuto, nonostante sia privo di qualsiasi valore e rappresenti per l’impresa solo un gravoso onere, possa essere classificato ai fini ambientali tra gli scarti riutilizzabili. Si pensi – solo per fare alcuni esempi – ai mobili resi inservibili dall’acqua che però possono essere riutilizzati per realizzare altri prodotti, oppure ai macchinari da cui possono essere recuperati metalli e altri componenti.

In queste ipotesi, dal punto di vista dell’azienda che intende smaltire, le operazioni costituiscono cessioni di beni ai fini Iva, che devono essere sempre fatturate.

Pertanto, l’azienda deve ricevere una fattura dalle imprese che realizzano la prestazione di raccolta/ritiro e trasporto dello scarto (in questo caso parlare di smaltimento è improprio) e da parte sua emetterà una fattura per la cessione del materiale di scarto. Questo perché, ai fini della disciplina Iva, si realizza un’operazione permutativa ex articolo 11 del Dpr 633/72, che impone il duplice assoggettamento a imposta delle due operazioni quando lo scambio viene effettuato tra due soggetti passivi.

Entrambe le operazioni andranno valutate singolarmente, per quanto riguarda sia il momento impositivo, sia la base imponibile e l’aliquota da applicare.

Non deve trarre in inganno la circostanza che il ritiro avvenga gratuitamente, oppure a un prezzo palesemente fuori mercato. In tal caso, infatti, il valore del bene e della prestazione di raccolta/ritiro e trasporto si equivalgono o tendono a equivalersi, e tra le parti viene realizzata – come detto – una permuta: cessione di beni contro prestazione di servizi, con un eventuale aggiustamento monetario tra le parti per la differenza.

Fatturazioni a prezzo pieno

In questo quadro, è importante avere presente la sentenza della Corte di Giustizia Ue, causa C-410/17, depositata il 10 gennaio 2019. In estrema sintesi, con questa pronuncia i giudici unionali sono stati chiamati a esprimersi in ordine alla disciplina da applicare, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, nel caso rappresentato da una società di diritto finlandese, specializzata in servizi ambientali per l’industria e le costruzioni, e in contrasto con l’amministrazione finanziaria del proprio Paese.

A parere di quest’ultima, la società realizzava una permuta in quanto, effettuando una demolizione, doveva essere considerata come il soggetto che vende un servizio di demolizione al proprio cliente e acquista rottami metallici dallo stesso. Nel riconoscere la bontà della posizione dell’amministrazione finanziaria, i giudici hanno sottolineato anche l’importanza che entrambe le parti fatturino a prezzo pieno la propria operazione.

Scarti con eccezioni

Sempre in tema di operazioni permutative occorre ricordare che il secondo comma dell’articolo 11 del Dpr 633/72 prevede una particolare disciplina nei casi in cui lo scarto non superi il 5% del corrispettivo in denaro pagato dal committente. In verità, la citata norma tratta di lavorazione di materie prime fornite dal committente e cessione al prestatore del servizio di residuati o di sottoprodotti della lavorazione; ma in assenza di prese di posizione contrarie si ritiene estensibile a numerose fattispecie in cui sono commissionati lavori di demolizione o smaltimento di materiali o scarti.

Da ultimo, si ricorda come il legislatore, con l’articolo 74 del Dpr 633/72, per determinati materiali di scarto elencati ai commi 8 e 9 ha stabilito che le fatture siano emesse senza pagamento dell’imposta (cioè soggette a una teorica aliquota “zero”), fermi restando gli obblighi di fatturazione, registrazione e liquidazione.

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