Professione

Amministratore di sostegno, fondamentale il decreto di nomina

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di Angelo Busani

Il decorso di oltre un decennio di esperienza nell’applicazione della disciplina sull’amministrazione di sostegno (introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 6/2004) è l’occasione per l’emanazione, da parte del Consiglio nazionale del Notariato, di uno studio (il n. 623-2016-C) finalizzato ad approfondire questa materia e a verificarne la sua pratica attuazione, anche al fine di offrire soluzioni applicative per le problematiche che occorra risolvere nello svolgimento della quotidiana vita professionale.
Lo studio svolge, anzitutto, una ricostruzione dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, al fine di accertare i requisiti necessari per l’apertura di questa procedura e a valutarne il problematico rapporto con i previgenti istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, i quali ormai, stante il “successo” dell’amministrazione di sostegno per la sua estrema flessibilità e la sua stretta conformabilità al caso concreto, sono relegati o a svolgere un ruolo solamente residuale (l’interdizione) oppure addirittura a rimanere del tutto inutilizzati (come accade per l’inabilitazione).
Al riguardo, si rileva che lo scopo della normativa sull’amministrazione di sostegno è quello di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana; e che, a differenza delle rigidità inderogabili che caratterizzano le procedure di interdizione e di inabilitazione, è possibile, con l’amministrazione di sostegno, ritagliare una misura di protezione del disabile in base alle sue reali necessità, e ciò al fine di assicurargli una piena tutela e salvaguardando la sua residua capacità di agire.
In questo ambito, si sottolinea la centralità del decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, poiché esso è lo strumento previsto dall’ordinamento, mediante il quale il giudice appronta i mezzi di tutela occorrenti per il soddisfacimento degli specifici bisogni della vita del soggetto amministrato; esso deve contenere, pertanto, lo “statuto” dei poteri e doveri dell’amministratore di sostegno, non lasciando, per quanto possibile, spazi bianchi onde evitare incertezze applicative. In particolare, in considerazione della estrema duttilità che caratterizza l’amministrazione di sostegno, il decreto di nomina dell’amministratore, oltre a individuare gli atti per i quali è prevista o la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore, dovrebbe, altresì, contenere, al fine di evitare incertezze applicative, alcune fondamentali prescrizioni, come ad esempio:
•l’esclusione dell’amministrazione dalla gestione dei beni sottoposti al regime di comunione legale con il proprio coniuge;
• l’obbligo per il soggetto amministrato di accettare con il beneficio di inventario le eredità che gli siano devolute (al fine di “sfruttare”, a favore del soggetto amministrato, la tutela che discende dalla normativa in tema di eredità beneficiata);
•l’individuazione degli atti preclusi al beneficiario del sostegno, anche mediante l’applicazione delle norme che il codice civile detta in ordine all’incapacità di fare testamento e all’incapacità di donare.
Ma, mentre per le donazioni, stante il depauperamento che ne deriva, la regola dovrebbe essere quella di un’ampia preclusione, la privazione della capacità di testare dovrebbe essere un’eccezione, in quanto non solo le disposizioni testamentarie non compromettono il patrimonio dell’amministrato durante la sua vita, ma anche perché ogni limitazione in questa materia suonerebbe come estremamente mortificante essendo il testamento l’atto personalissimo per antonomasia a mezzo del quale la persona esercita una sua prerogativa fondamentale.

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