Ammortamenti, lo stop considera la vita utile dei beni
La bozza del documento Oic affronta i principali effetti della sospensione. Se ci sono immobilizzazioni con scadenza fissa la quota si spalma sugli anni residui
La possibilità di sospendere gli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali e immateriali (prevista dall’articolo 60, commi 7-bis e seguenti, del Dl 104/2020) ha destato grande interesse da parte delle imprese. Ma la norma, per com’è formulata, ha fatto sorgere una serie di dubbi circa gli impatti contabili della sospensione, che può essere applicata ai bilanci chiusi a partire dal 15 agosto 2020 (entrata in vigore del Dl 104/20) e, dunque, al bilancio al 31 dicembre 2020 per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare.
Senza dimenticare che l’ultima parte del comma 7-bis prevede che questa deroga all’articolo 2426 del Codice civile e ai principi contabili possa essere estesa anche agli esercizi successivi, con un decreto del Mef, in relazione all’evoluzione della situazione economica legata alla pandemia.
Stop, slittamenti e deroghe
I principali temi sul trattamento contabile della sospensione sono affrontati nella bozza del documento interpretativo n. 9 diffusa dall’Oic nei giorni scorsi e in pubblica consultazione fino a dopodomani (10 febbraio).
In primo luogo, il comma 7-bis prevede che la quota di ammortamento non effettuata nell’anno è imputata al conto economico relativo all’esercizio successivo; e con lo stesso criterio sono differite le quote susseguenti, cosicché il piano di ammortamento originario del cespite è prolungato di un anno. Quindi al minor ammortamento del bene è associata un’estensione di un anno della sua vita utile residua.
In tal caso, secondo l’Oic, se nel 2020 è sospeso l’intero ammortamento, la quota dell’esercizio successivo (pari al rapporto tra valore del bene ammortizzabile e vita utile residua aggiornata) non si modifica nell’importo, perché la vita utile del bene viene prolungata di un anno. Le quote di ammortamento degli esercizi successivi restano immutate e la quota «intera» sospesa nel 2020 è imputata nell’ultimo anno del (nuovo) piano di ammortamento (esempio 3 del documento Oic, si vedano le schede a lato).
Se, invece, l’ammortamento del 2020 è sospeso solo in parte (ad esempio per il 40%), fermo restando che sia possibile incrementare la vita utile del cespite e il corrispondente piano di ammortamento di un anno, la quota degli esercizi successivi subisce una riduzione, perché va ricalcolata in misura pari al rapporto tra il valore residuo ammortizzabile del bene (al netto della quota al 60% imputata nel 2020) e la vita utile residua aggiornata (esempio 3-bis del documento Oic).
Ci si è chiesti, però, se un’impresa possa derogare a ciò, qualora non sia possibile allungare la vita utile del cespite, a causa di vincoli contrattuali o tecnici. L’Oic fa l’ipotesi di una società che detiene diritti di sfruttamento di software che hanno una durata contrattuale di cinque anni: in tal caso, la quota di ammortamento degli esercizi successivi (rapporto tra valore del bene ammortizzabile e vita utile residua non modificata) si incrementa rispetto al piano originario, dovendo “recuperare” il minor ammortamento 2020 nello stesso periodo inizialmente stimato. In altre parole, la quota di ammortamento non effettuata nel corso dell’esercizio è “spalmata” lungo la vita utile residua del bene, aumentando pro quota la misura degli ammortamenti da effettuare (esempio 4 del documento).
Acquisti nell’esercizio
Altro dubbio riguardava i beni acquistati nello stesso esercizio in cui ci si avvale della possibilità di sospendere gli ammortamenti (esercizio 2020 per i contribuenti “solari”), in ragione del fatto che le imprese, generalmente, applicano il criterio fiscale di ammortamento dei cespiti acquistati nell’anno, imputando forfettariamente il 50% della quota annua (criterio definito “accettabile” dall’Oic 16 in assenza di scostamenti significativi). Secondo l’Oic, la quota (ridotta) sospesa slitta all’ultimo esercizio del piano, restando invariate le quote intermedie. Ad esempio, se l’impresa decide di sospendere l’intera quota del 50% relativa al 2020, questa sarà imputata nell’ultimo anno di ammortamento, che recepirà un ammortamento ad aliquota piena, invece che dimezzata (esempio 5 del documento).
I bilanci terranno conto degli incroci tra questa deroga sugli ammortamenti e altre norme “straordinarie”, come quelle su perdite (si veda l’articolo di NT+ Fisco dell’11 gennaio), rivalutazioni e riallineamenti.
GLI ESEMPI
SOSPENSIONE INTEGRALE CON VITA UTILE AGGIORNATA
Esempio 3 del documento Oic
Una società possiede immobili con costo storico di 1.000 euro, vita utile pari a 10 anni, e fondo ammortamento al 1° gennaio 2020 pari a 500 euro. La società decide di non ammortizzare gli immobili nell'esercizio 2020. Nell'esercizio successivo la società ridetermina il piano di ammortamento, essendo possibile allungare di un anno la vita utile residua che quindi diventa pari a 5 anni al 1° gennaio 2021. La quota di ammortamento per l'anno 2021 è dunque pari a 100 euro: cioè il valore da ammortizzare (500 euro) diviso la vita utile residua (5 anni).
SOSPENSIONE PARZIALE E CON VITA UTILE AGGIORNATA
Esempio 3-bis del documento Oic
Una società possiede un cespite con costo di 100 euro, vita utile di 10 anni, e fondo ammortamento al 1° gennaio 2020 pari a 40 euro. Decide di ammortizzare il cespite solo per il 60% nel 2020, e pertanto nel 2020 imputa a conto economico un ammortamento pari a 6 euro (anziché 10). Nell'esercizio successivo la società ridetermina il piano di ammortamento, valutando la possibilità di allungare di un anno la vita utile residua, che quindi è pari a 6 anni al 1° gennaio 2021. La quota di ammortamento per il 2021 è pari a 9 euro: valore da ammortizzare (54 euro) diviso la vita utile residua (6 anni).
SOSPENSIONE INTEGRALE SENZA AGGIORNAMENTO
Esempio 4 del documento Oic
Una società detiene diritti di sfruttamento di software. Decide di avvalersi della deroga nel bilancio che chiude al 31 dicembre 2020. I diritti hanno durata contrattuale di 5 anni, acquistati nel 2019 a 1.000 euro, con scadenza nel 2023. Al 1/1/ 2020 il fondo ammortamento è di 200 euro e la vita utile residua di 4 anni. Nell'esercizio 2020 la società decide di non effettuare gli ammortamenti. In tal caso non può estendere di un anno la vita utile di tale diritto, perché tutti i contratti scadono nel 2023. Dal 2021 eseguirà un ammortamento annuale di 267 euro: valore da ammortizzare (800) diviso la vita utile residua (3 anni).
SOSPENSIONE PER ACQUISTI NELL'ESERCIZIO
Esempio 5 del documento Oic
Una società acquista un cespite nell'esercizio 2020 e decide di non ammortizzarlo. Il costo del bene è di 100 euro e la vita utile pari a 10 anni, con ultimo anno di ammortamento ad aliquota dimezzata nel 2030. La società avrebbe ammortizzato il bene al 50% nel 2020 (ammortamento pari a 5 anziché 10). Ma sceglie di non farlo (avvalendosi della norma) e stabilisce sia possibile allungare la vita utile fino a dicembre 2030, anziché giugno 2030. Nell'esercizio 2021 l'ammortamento è quindi di 10 euro: valore da ammortizzare (100 euro) diviso la vita utile residua (10 anni).