Adempimenti

Anche per i forfettari possibile la fattura cartacea con bollo virtuale

Necessaria un’istanza di autorizzazione alle Entrate in carta libera con il numero presunto di documenti emessi

Anche i contribuenti forfettari possono pagare il bollo virtuale sui propri documenti fiscali, evitando così l’onere di applicare la marca da bollo sul documento cartaceo: valgono le stesse regole indicate dal ministero dell’Economia per i sanitari.

Al momento per i forfettari non vi è ancora l’obbligo di passare alla fattura elettronica e, pertanto, fin quando non verrà adottata una apposita norma interna, possono considerarsi ancora esonerati dalla fattura elettronica (si veda l’articolo). L’unico caso in cui l’obbligo sussiste è la e-fattura B2G nei confronti della pubblica amministrazione.

Tra gli elementi più interessanti dell’adesione al regime forfettario (oltre all’applicazione di un’imposta fissa al reddito prodotto) è quello di non dover addebitare l’Iva in fattura e di essere, quindi, esonerati dai relativi adempimenti (dichiarazione, liquidazioni periodiche, registrazione di acquisti, vendite e corrispettivi). Nella maggior parte dei casi il documento emesso non è quindi soggetto a Iva, e sconta pertanto l’imposta di bollo di 2 euro se l’importo supera a 77,47 euro. Bollo che spesso dà grattacapi, perché il documento viene inviato quasi sempre al committente via mail o altro mezzo elettronico, oppure bisogna spedire il cartaceo per posta (con relativa spesa).

La risposta del Mef al question time del 12 gennaio in commissione Finanze alla Camera (si veda l’articolo) ha ricordato che tutti i contribuenti hanno la facoltà di assolvere l’imposta di bollo in modo virtuale: non esiste quindi nessuna preclusione normativa per chi aderisce al regime forfettario. Così si snellisce l’attività amministrativa: si elimina infatti la necessità di approvvigionarsi di contrassegni in abbondanza (che, si ricorda, devono avere una data precedente a quella di emissione del documento). I passaggi sono in realtà abbastanza semplici: basta un’istanza di autorizzazione all’agenzia delle Entrate, in carta libera, con indicazione del numero presunto di fatture emesse. Il dovuto viene così liquidato provvisoriamente; con successiva comunicazione telematica, da inviare entro il 31 gennaio dell’anno successivo, si indica il numero di documenti effettivi, in base ai quali l’Agenzia liquida il saldo dovuto e l’acconto per l’anno in corso, da versare in rate bimestrali. Si versa con un semplicissimo modello F24. Se l’acconto risulta eccedente, è comunque possibile chiedere il rimborso dell’eccedenza, tramite apposita istanza.

In caso, invece, di omesso o carente versamento, è sempre possibile il ravvedimento operoso, con le ordinarie riduzioni previste per i versamenti; più severa, invece, è la sanzione se la dichiarazione a conguaglio è omessa o riporta dati non corretti: il livello minimo è infatti il cento per cento dell’imposta di bollo dovuta.

L’unico adempimento essenziale che rimane a carico del forfettario, oltre a quello della dichiarazione annuale, è quello di riportare in fattura gli estremi dell’autorizzazione.

È comunque un’opzione revocabile, non essendo soggetta a termini minimi: è sempre possibile rinunciare a questa modalità di liquidazione dell’imposta, tramite una comunicazione all’agenzia delle Entrate, e la presentazione della dichiarazione telematica, che riporterà i documenti dal 1° gennaio fino alla data della rinuncia.

Applicando il bollo virtuale si potrà anche evitare la stampa della fattura cartacea ed inviare invece al committente un documento elettronico nativo (Pdf, immagine, link a un documento in cloud e simili).

Quando sarà obbligatoria la fattura Sdi questo sarà l’unico modo per assolvere il bollo: tanto vale cominciare subito con la «prova generale».

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