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Associazioni sportive dilettantistiche, stretta sulle agevolazioni

L’ordinanza 10980/2020 della Cassazione: l’attività deve essere effettivamente svolta senza fine di lucro e lo statuto deve essere adeguato alle disposizioni di legge

Agevolazioni fiscali per le associazioni sportive dilettantistiche (Asd) solo se l’attività è effettivamente svolta senza fine di lucro e lo statuto è adeguato alle disposizioni di legge. Lo conferma la Cassazione che, nell’ordinanza 10980/2020, torna sul tema dei requisiti previsti per qualificare la natura, commerciale o meno, dell’attività svolta dalle Asd. Nel caso di specie, in particolare, si trattava di inquadrare la gestione di un bar situato in uno stadio comunale da parte di un circolo ai fini dell’accesso ai regimi fiscali di vantaggio dedicati a questi enti.

Per Asd e altre specifiche tipologie di enti associativi, l’articolo 148, comma 3, del Tuir prevede la non commercialità delle attività svolte nei confronti degli associati verso pagamento di corrispettivi specifici o quote supplementari, con conseguente detassazione delle relative entrate. E, a questa agevolazione, si aggiunge lo speciale regime fiscale previsto dalla legge 398/1991, che consente agli enti che hanno conseguito proventi derivanti da attività commerciali per un importo non superiore a 400mila euro di optare per la determinazione forfettaria del reddito imponibile e dell’Iva.

I requisiti da osservare per beneficiare di tali regimi sono stati già oggetto di una recente ordinanza della Cassazione (10979/2020, si veda l’articolo su NT+ Fisco), la quale si è soffermata sugli aspetti prettamente formali di atto costitutivo e statuto. L’analisi di tali documenti costituisce, infatti, il punto di partenza da considerare in sede di accertamento, al fine di verificare la presenza delle clausole elencate all’articolo 148, comma 8 del Tuir, come il divieto di distribuzione di proventi fra gli associati, il rispetto dei principi di democrazia e uguaglianza tra gli associati nell’ordinamento interno dell’ente o ancora l’obbligo di redigere i rendiconti economico-finanziari e di devolvere il patrimonio a fini sportivi in caso di scioglimento dell’ente. È dunque rilevante che le associazioni interessate a fruire dei benefici fiscali «si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto (Cassazione, 12 dicembre 2018, n. 31229; Cassazione, 30 aprile 2018, n. 10393; Cassazione, 4 marzo 2015, n. 4315; Cassazione, 11 marzo 2015, n. 4872)».

A questo, tuttavia, come giustamente evidenziato dalla Corte nell’ultima ordinanza, va abbinata un’indagine di tipo sostanziale, sull’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio ricade in capo al contribuente.

Al riguardo, non può ritenersi sufficiente a dimostrare l’esercizio di attività con modalità non lucrative la semplice affiliazione al Coni dell’ente sportivo, in quanto elemento considerato del tutto estrinseco e neutrale, dovendo invece darsi prova che l’attività, in concreto, sia svolta in conformità alle regole statutarie.

Nel caso di specie poi all’associazione è stata contestata anche la mancata opzione per il regime forfettario previsto dalla legge 398/91. Costituirebbe, secondo la Corte, infatti, una violazione di carattere sostanziale, che preclude l’accesso ai regimi agevolati, la mancata comunicazione da parte dell’ente all’agenzia delle Entrate della volontà di optare per la tassazione forfettaria di cui alla legge 398/1991 (diversamente dalla mancata comunicazione alla Siae, si veda la circolare 18/2018).

Nella decisione in esame la Corte ha sostanzialmente basato la propria decisione sul requisito formale, ovvero sulla mancata predisposizione, da parte dell’associazione, dello statuto, e dell’atto costitutivo per l’anno oggetto di verifica. Aspetto piuttosto significativo cui si sono legate anche altre violazioni, come la mancata opzione per il regime fiscale agevolato cui va aggiunta la mancata presentazione delle le dichiarazioni annuali ai fini delle imposte dirette e dell’Iva. Sulla mancanza di prove in merito all’effettivo svolgimento delle attività istituzionali, invece, l’associazione avrebbe dato dimostrazione, nella stagione sportiva oggetto di verifica, di avere effettivamente svolto la propria attività nel settore dilettantistico, partecipando al campionato di eccellenza organizzato dalla Figc, Lega dilettanti. Quest’ultimo aspetto, a rigore, potrebbe di per se ritenersi idoneo a dimostrare il solo requisito sostanziale, circostanza, come visto, non ritenuta sufficiente dalla Corte ai fini dell’accesso alle misure fiscali agevolate.