Professione

Assunzioni dei giovani cresce l’età per il bonus

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di Antonello Orlando

L’articolo 1-bis della versione definitiva del Decreto lavoro convertito in legge il 7 agosto scorso ha previsto una forma di incentivo alle assunzioni stabili per i giovani con meno di 35 anni di età.

Per riequilibrare le possibili sofferenze occupazionali generate dall’irrigidimento delle regole sui contratti a termine e sulla somministrazione di lavoro, l’esonero di durata triennale «modifica implicitamente l’articolo 1, commi 100-108, della legge di bilancio per il 2018», come letteralmente riportato dalla nota di lettura del Servizio del Bilancio diramata nel portale web del Senato. L'esonero ricorda infatti molto da vicino quello già varato all’interno della legge 205/2017 dall’esecutivo Gentiloni e strutturale già dall’inizio del 2018 fra i vari incentivi all’assunzione attivi.

La formula dell’esonero appare sostanzialmente identica: una riduzione per le assunzioni a tempo indeterminato del 50% della maggior parte delle voci contributive a carico dei datori di lavoro privati entro un valore massimo di 3mila euro annui per una durata di 3 anni, esclusi i premi Inail, nonché alcuni contributi Inps come quelli eventualmente dovuti ai fondi di solidarietà o di integrazione salariale (come chiarito dall’Inps con la Circolare 40/2018).

La platea dei beneficiari, rispetto all’esonero della manovra dello scorso anno, registra un ampliamento: mentre la legge 205/2017 aveva previsto solo per il 2018 l’agevolazione triennale dei lavoratori assunti con meno di 35 anni, modificando dal 2019 il requisito anagrafico a un massimo di 29 anni e 364 giorni di età al momento dell’assunzione, il Decreto lavoro prevede ora che i lavoratori possano godere dell’esonero, per gli anni 2019 e 2020, anche se assunti stabilmente con età inferiore a 35 anni.

Il principale requisito richiesto è l’assenza di un contratto a tempo indeterminato, in Italia o all’estero; nel caso di lavoratori già assunti precedentemente con contratti di apprendistato, l’incentivo potrà essere fruito nel caso in cui il rapporto di apprendistato acceso con altri datori non sia proseguito con la conferma in servizio a tempo indeterminato (dunque non potrà essere richiesto nel caso di apprendisti prima confermati e poi licenziati, dimessi o comunque cessati dal lavoro anche per risoluzione consensuale).

La tecnica normativa di introduzione di questo incentivo, anche se richiama alla lettera parte del testo del precedente esonero, si discosta da quanto osservato per i provvedimenti in tema di contratto a termine in quanto non procede a novelle dirette sulla norma preesistente, ma ne ripropone solo in parte un testo parallelo, demandandone le modalità di fruizione concrete a un decreto interministeriale fra dicastero del lavoro e Mef da emanare entro 60 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione.

Le differenze che a oggi emergono dai due testi a confronto (commi da 100 a 108 dell’articolo 1 della legge 205/2017 e articolo 1-bis del Dl 87/2018 modificato dalla legge di conversione) sono molteplici: manca una esplicita esclusione dei collaboratori domestici e degli apprendisti (apertamente non agevolabili nel testo della versione vigente dell’esonero della legge di bilancio del 2018 a norma dell’articolo 1, comma 114); risulta assente il requisito ulteriore (ex comma 104) per il datore di lavoro incentivato di non aver effettuato, nella stessa unità produttiva, licenziamenti nei sei mesi precedenti la nuova assunzione. Non è stata riproposta nel testo l’ulteriore “clausola di garanzia” presente nella legge di bilancio del 2018 che obbligava l’azienda beneficiaria dell'esonero, nei sei mesi successivi all’assunzione, a non procedere con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore incentivato o anche di un lavoratore impiegato con analoga qualifica nella stessa unità produttiva.

Un’ulteriore assenza riscontrabile è - ad esempio - quella dell’ultimo periodo del comma 100 della norma originaria. il quale specificava che, nonostante la riduzione del carico contributivo del datore di lavoro, l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche a favore dei lavoratori resta immutata, azzerando qualsiasi conseguenza a livello pensionistico. Permane invece il riferimento, per identificare i lavoratori incentivati, a tutti quei dipendenti cui si applichi la disciplina ex Dlgs 23/2015, che - nella citata Circolare 40/2018 - l’Istituto ha definitivamente chiarito si concretizzi nella sola esclusione dei lavoratori con qualifica dirigenziale. Spetterà al decreto interministeriale, quindi, il compito di chiarire non solo le modalità operative, ma anche le ulteriori differenze rispetto all’esonero preesistente, armonizzandone le discipline che dovranno convivere nei prossimi due anni.

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