Contabilità

Aumento di capitale, il socio può compensare il credito

immagine non disponibile

di Giorgio Gavelli e Marco Maltoni

In linea di principio, nulla osta alla compensazione tra il debito del socio sorto in occasione della sottoscrizione di un aumento di capitale con il credito pecuniario (certo, liquido ed esigibile) da lui precedentemente vantato.

A impedirlo può valere una espressa deliberazione assembleare motivata in senso contrario, ovvero la postergazione del finanziamento del socio ex articolo 2467 del Codice civile, ma in quest’ultimo caso è onere della società dimostrare la sussistenza delle condizioni affinché si applichi tale disposizione. Tocca temi molto interessanti la sentenza del Tribunale di Roma (presidente Scerrato, estensore Romano) depositata lo scorso 6 febbraio, avente ad oggetto la legittimità della compensazione tra il debito di un socio di società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata per aumento di capitale e il suo credito derivante da un finanziamento pregresso.

In primo luogo, il Tribunale capitolino conferma la prevalente giurisprudenza circa la potenziale compensabilità tra questi due importi (Cassazione 6711/2009 e 4236/1998), atteso che l’estinzione del debito verso il socio determina comunque un beneficio per la società, e in definitiva un aumento della garanzia patrimoniale per i creditori. Ove, come nel caso di specie, l’aumento di capitale sia collegato all’esigenza di reperire immediata liquidità, l’assemblea (con apposita motivazione) può impedire la liberazione del capitale sottoscritto tramite compensazione. In caso contrario l’amministratore non può opporsi alla scelta del socio.

Ciò non toglie, tuttavia, che laddove il credito del socio tragga origina da un finanziamento dotato dei requisiti richiesti dall’articolo 2467 del Codice civile affinché scatti la postergazione, secondo la sentenza deve determinarsi una inesigibilità del credito che impedisce l’operatività della compensazione (tanto legale quanto volontaria), anche al di fuori di una fase liquidatoria o concorsuale. Sul punto il Tribunale romano afferma esplicitamente di non condividere la massima n. 23/2011 del Consiglio notarile di Firenze, Pistoia e Prato, ritenendo preciso obbligo dell’amministratore eccepire alla pretesa compensazione del socio l’inesigibilità del credito derivante dalla postergazione.

Ma perché ciò avvenga legittimamente è necessario che il finanziamento del socio ricada a tutti gli effetti nella fattispecie disciplinata dall’articolo 2467 del Codice civile, aspetto la cui dimostrazione costituisce onere probatorio a carico della società. Poiché nel caso di specie è stata omessa la prova sull’eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto al momento della erogazione del finanziamento da parte del socio, la compensazione richiesta da quest’ultimo viene ritenuta efficace. Non è sufficiente, infatti, per invocare l’applicabilità dell’articolo 2467 del Codice civile dimostrare le difficoltà finanziarie al momento della richiesta del socio, poiché la norma è chiara nel riferire lo squilibrio al momento in cui il prestito fu concesso.

Tribunale di Roma - III civile - Sentenza 6 febbraio 2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©