Contabilità

Bilancio e fisco non sempre allineati su equity e debito

Il principio di derivazione rafforzata non vale per la qualificazione fiscale

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di Alessandro Germani

La rappresentazione in bilancio di determinati titoli come strumenti di equity o di debito è figlia del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, motivo per cui, al di là del nomen iuris, si va a vedere la natura e la conseguente qualificazione sostanziale dello strumento, da iscriversi nel patrimonio netto o tra i debiti del passivo. Ma non è detto che poi questo coincida con i canoni fiscali. Infatti, il principio di derivazione rafforzata previsto dall’articolo 83 del Tuir sia per i soggetti Oic sia per gli Ias adopter non si applica quando si tratta di stabilire fiscalmente se un titolo è assimilabile all’azione o all’obbligazione. Perché in quel caso il legislatore fiscale “pretende” l’applicazione delle proprie regole, in base all’articolo 44, comma 2, lettera a (per le azioni) e lettera c (per le obbligazioni). Questi aspetti sono stati ben chiariti dall’agenzia delle Entrate nella risposta n. 291 del 31 agosto scorso.

Il caso riguarda dei titoli perpetui assoggettati al regime delle obbligazioni in quanto corrispondono un tasso fisso. Non vi è una scadenza prefissata di rimborso, che di fatto si impone quando scatta una situazione di scioglimento, anche se la società ha la facoltà di rimborsare anticipatamente i titoli.

In applicazione dello Ias 32, questi titoli si considerano come equity in quanto strumenti rappresentativi di capitale e corrispondono interessi che si contabilizzano come dividendi, decurtandosi dal patrimonio netto. Inquadrato quindi il regime contabile, l’agenzia delle Entrate è intervenuta a chiarire gli aspetti fiscali.

L’articolo 5, comma 1, del decreto ministeriale 8 giugno 2011 stabilisce quanto detto in precedenza, ovvero che indipendentemente dalla qualificazione e classificazione di bilancio dal punto di vista fiscale la nozione di equity o di debito è determinata dall’articolo 44, comma 2, del Tuir. Ciò è quindi in grado di generare dei doppi binari fra i valori civili e fiscali.

Ricordiamo, infatti, che in base alla predetta norma si considerano similari:

O alle azioni i titoli e gli strumenti finanziari la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo (lettera a);

O alle obbligazioni i titoli di massa che contengono l’obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell’impresa emittente o dell’affare in relazione al quale siano stati emessi, né di controllo sulla gestione stessa (lettera c).

Per l’agenzia delle Entrate, dunque, i titoli perpetui in questione sono fiscalmente similari alle obbligazioni attraverso un’attenta disamina che può tornare utile come modello di analisi. In primis, infatti, questi titoli non possono essere similari alle azioni in quanto corrispondono un interesse fisso. Il fatto poi che gli interessi possano o meno essere corrisposti a seconda che la società sia o meno in utile, non può comportare l’applicazione della norma di cui all’articolo 109, comma 9, del Tuir che sancisce l’indeducibilità delle componenti di tipo equity (circolare 26/E/04). Scartata dunque l’assimilazione alle azioni, quella alle obbligazioni prevista dalla lettera c) dell’articolo 44 per l’Agenzia si fonda sui seguenti aspetti:

O si è in presenza di titoli di massa, ovvero emessi in notevoli quantità, omogenei e con un’unica operazione (risoluzione 54/E/09);

O vi è un’obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella indicata, il che vale anche in assenza di una scadenza precisa, ma legata alla durata della società o alla sua liquidazione (circolare 4/E/13);

O la natura incondizionata non confligge col fatto che possa essere prevista una postergazione rispetto ad altri creditori della società (circolari 4/E/13 e 306/E/96);

O i possessori dei titoli non hanno diritti di partecipazione alla gestione dell’impresa né di controllo.

Ciò posto, gli interessi dei titoli perpetui non scontano l’indeducibilità delle componenti equity (articolo 109, comma 9 del Tuir) perché non vi è nemmeno indirettamente una partecipazione ai risultati economici dell’emittente.

Inoltre il fatto che siano decurtati dal patrimonio netto e non passino da conto economico trova la sua copertura in base all’articolo 109, comma 4, del Tuir. Quindi tali interessi sono deducibili nei limiti del Rol in base all’articolo 96 del Tuir. Va detto che la risposta è nella scia della risoluzione 30/E/19 che aveva riguardato gli strumenti ibridi di patrimonializzazione delle banche e che viene ampiamente richiamata.

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