Professione

Capannoni, per le modifiche interne è sufficiente una comunicazione

immagine non disponibile

di Guglielmo Saporito

Procedura semplificata per interventi interni ai capannoni, perché basta una mera comunicazione. Lo sottolinea il Tar di Salerno, con la sentenza 1/2019.

Il caso esaminato riguarda una struttura di due piani, realizzata in laterizio al primo livello ed in blocchi di calcestruzzo cellulare autoportante per il piano superiore, creando uffici ed un deposito all’interno di un capannone. Un’opera di questo tipo, con la relativa scala in ferro, ricade tra quelle previste dall’articolo 6, comma 2 lettera e-bis) del Dpr 380/2001, trattandosi di «modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa»: basta quindi una raccomandata che comunichi l’inizio dei lavori, tutte le volte che non siano coinvolte le parti strutturali del manufatto (e salvi, ovviamente, i requisiti igienico sanitari) .

Le modifiche interne ai luoghi produttivi vanno tenute distinte dalle modifiche interne alle unità residenziali (articolo 3 comma 1 lettera b) Dpr 380), che possono generare variazioni catastali ed aumento del carico urbanistico. Le destinazioni d’uso, all’interno di edifici produttivi, devono infatti restare «produttive e direzionali», in termini di superficie utile prevalente: ciò significa che all’interno di un’ immobile di impresa i singoli locali (uffici, magazzini, depositi, servizi) possono trasmigrare da un utilizzo all’altro, sempre all’interno della destinazione prevalente (produttiva o direzionale) senza diventare, ad esempio, a destinazione «commerciale».

L’utilizzo interno dei manufatti produttivi, fino al 2012, era regolato da una circolare del ,ministero Lavori pubblici (16 novembre 1977 n. 1918), in tema di opere interne agli stabilimenti industriali. Il ministero tuttavia regolava (liberalizzandoli) soprattutto gli elementi tecnologici, quali cabine, canalizzazioni, serbatoi, baracche, palloni pressostatici chioschi, pali, passerelle, basamenti e tettoie di protezione. Con l’articolo 6 del Dpr 380/2001 sono anche superati gli aspetti relativi alla densità (aumento degli addetti), che più volte hanno reso necessario l’intervento dei giudici amministrativi per ottenere (Tar Parma 537/2003) la suddivisione di ampi capannoni attraverso tramezzture interne.

Il problema delle opere interne si collega poi alle esigenze di riutilizzo dei capannoni: a volte non si discute solo di eliminazione o spostamenti di tramezzi, ma anche di nuovi utilizzi, come nel caso deciso dal Tar Pescara (71 / 2017), quando molte centinaia di metri cubi di sabbia in un capannone hanno generato un’area di gioco (beach volley) di oltre 1000 metri quadri. Il Comune riteneva l’intervento integralmente abusivo, ma i giudici hanno verificato che il volume, sagoma e prospetti non risultavano modificati, eliminando sanzioni. Del resto, la maggiore libertà all’interno dei capannoni si proietta anche all’esterno, poiché di recente (Consiglio di Stato 337 / 2019, si veda Il Sole 24 Ore del 18 gennaio) le aree esterne ai complessi commerciali sono state ritenute liberamente utilizzabili, con scaffalature e strutture impilate rimovibili su aree già pavimentate destinate alla vendita all’ingrosso e al dettaglio di prodotti per l’edilizia.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©