Professione

Commercialisti, la Cassa può accertare l’incompatibilità senza aspettare l’Ordine

L’ordinanza 6299/2022 della Cassazione ribalta le due precedenti pronunce del 2016. Riconosciuto all’ente di previdenza il potere di negare le annualità contributive

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di Federica Micardi

La Cassa nazionale di previdenza dei dottori commercialisti ha il potere di rilevare le incompatibilità anche in caso di inerzia dell’Ordine. È quanto afferma la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza 6299 depositata il 25 febbraio.

I fatti

Un commercialisti iscritto alla Cassa dottori al momento della richiesta di pensionamento si vede negare il riconoscimento delle annualità in cui aveva ricoperto la carica di amministratore unico e socio di maggioranza di una Srl. A seguito di ricorso vince la causa - e il successivo appello - e ottiene la pensione di anzianità, attraverso la fruizione anche di quegli anni di iscrizione in cui si è rverificata l’incompatibilità. Secondo la Corte d’Appello (sentenza 255/2016) alla Cassa non spettava un potere autonomo di verificare i requisiti di legittimi dell’esercizio della professione, qualora fosse mancata una conforme decisione del relativo Ordine professionale.

La Cassazione

Opposta la posizione della Cassazione che si allinea ai principi già espressi dalle Sezioni Unite e riconosce alla Cassa di previdenza il potere di accertare, sia all’atto dell’iscrizione ad essa, sia periodicamente, e comunque prima dell’erogazione di qualsiasi trattamento previdenziale, ed a tale limitato fine, che l’esercizio della corrispondente professione non sia stato svolto nelle situazioni di incompatibilità di cui al Dlgs 139 del 2005, articolo 4, ancorché quest’ultima non sia stata accertata dal consiglio dell’Ordine competente (cui spetta il potere disciplinare).

La Suprema Corte sottolinea che questo autonomo potere di accertamento sussiste nel momento della verifica dei presupposti per l’erogazione del trattamento previdenziale, al quale si associa naturalmente la cessazione dell’iscrizione all’Ordine. Inoltre sottolinea che il mancato riconoscimento di questa possibilità di verifica snaturerebbe la portata della legge 21 del 1986, articolo 20, che dispone che la Cassa ha facoltà di esigere dall’iscritto, all’atto della domanda di pensione, la documentazione necessaria a comprovare la corrispondenza tra le comunicazioni inviate alla Cassa medesima e le dichiarazioni annuali dei redditi e del volume d’affari, limitatamente agli ultimi quindici anni.

Con l'ordinanza 6299/2022 viene qundi accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata e rinviata alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione.

Va detto che la Cassazione nel tempo ha cambiato il proprio orientamento, in precedenza infatti aveva sentenziato che il protere di accertamento spettasse solamente all’Ordine, a meno che il regolamento dell’ente previdenziale (è il caso, per esempio, di Cassa forense o di Cassa geometri) non lo proveda espressamente.

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