Commercialisti premiati dall’aggregazione
Stretti tra la gelosa autonomia della professione - intesa classicamente come desiderio di solitaria indipendenza - e l’inevitabile complessità del futuro che richiederà sempre più l’alleanza interdisciplinare tra colleghi commercialisti.
Nel documento «Il processo di aggregazione e la digitalizzazione negli studi professionali» , il Consiglio e la Fondazione nazionale dei commercialisti tracciano lo stato attuale della professione - in relazione al mercato e alle statistiche “di rendimento” - e le tendenziali linee di sviluppo per il futuro.
Ad oggi, dice la ricerca, solo un commercialista su cinque è associato, nonostante l’aggregazione sembri portare più che altro opportunità e reddito. Dai dati forniti dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti, chi esercita la professione in forma associata o societaria (totale o parziale) ha un reddito medio pari a 125mila euro (volume di affari 245 mila euro) contro i 49mila euro di chi esercita esclusivamente in forma individuale (volume di affari 80 mila euro). Eppure tra gli studi individuali, quelli con più di cinque addetti sono l’8,6%; tra quelli associati sono il 62% e tra quelli condivisi sono, invece, il 22,5 per cento.
Altro indice dirimente, secondo lo studio, è la percentuale di reddito caratteristico rispetto al fatturato dello studio: più è alto questo parametro, più problematica pare la tenuta di fronte alla rivoluzione (non solo) digitale in atto.
Gli studi che dichiarano un fatturato superiore all'80% da attività di base sono il 40% tra quelli individuali, il 33% tra quelli condivisi e il 23,4% tra quelli associati. Esiste, dunque, una relazione forte tra livello di aggregazione professionale, dimensione dello studio e livello di organizzazione ovvero di performance dello stesso. Anche perché il mondo oggi viaggia a una velocità inimmaginabile solo pochi lustri fa: se negli anni ‘80 le competenze legate all’attività lavorativa avevano una durata di circa 30 anni, dal 2010 non si superano i cinque anni.
Un tempo chi entrava nel mondo del lavoro, più o meno ne usciva con lo stesso bagaglio di competenze possedute all’ingresso. Oggi, invece, questo stesso bagaglio non basta più ma, anzi, ha bisogno di aggiornarsi significativamente dalle sei alle otto volte durante tutta la vita lavorativa.
L’aggregazione, rispetto alla “atomizzazione” del professionista, oggi permette di affrontare meglio le sfide in atto, dalla concorrenza su alcune attività, storicamente appannaggio della professione, da parte di soggetti nuovi e non, fondati su due asset: l’esistenza di una piattaforma tecnologica, che permette di industrializzare il servizio, e la governance dei dati.
A far da discrimine nel nuovo mercato c’è sempre di più la variabile prezzo. E di fronte a un mercato che da tempo non aumenta i propri volumi complessivi, l’aggregazione e la digitalizzazione dei servizi permettono un notevole taglio dei costi fissi, con significativo recupero di marginalità.
Cndcec e Fnc, documento su aggregazione e digitalizzazione negli studi professionali