Commercio internazionale, il call off stock verso la disciplina definitiva
L'esigenza di garantirne una disciplina armonizzata ha spinto il Legislatore europeo a intervenire sul tema
Lo schema contrattuale del call off stock (o consigment stock) ricorre spesso nella pratica degli scambi internazionali.
Sul piano puramente civilistico esso si presenta come un contratto atipico con alcuni punti di contatto con la disciplina del contratto estimatorio di cui agli artt. 1556, 1557 e 1558 del codice civile e si caratterizza principalmente per la facoltà dell’accipiens di restituire la merce a tradens in via alternativa all'obbligo di pagamento del prezzo entro un termine prestabilito.
Sul piano fiscale, il contratto di call off stock, nonostante il suo impiego diffuso nel mondo degli affari, è rimasto per lungo tempo privo di una disciplina normativa espressa: nessuna menzione al riguardo era da rinvenirsi in particolare nella direttiva Iva.
In un certo senso, anticipando i tempi, il legislatore italiano, al fine di semplificare gli adempimenti, aveva previsto la possibilità di differire il momento impositivo dell'acquisto intraUe all'atto del prelievo dei beni dal deposito (articolo 39, comma 1, Dl 331/1993).
Allo stesso modo, se il cedente era italiano, sul piano interno, la cessione dei beni si considerava effettuata nel momento in cui si produceva l'effetto traslativo della proprietà, ovvero all'atto del prelievo dei beni da parte dell'acquirente Ue. In tal senso disponeva il Ministero delle Finanze nella risoluzione del 18 ottobre 1996, n. 235 (cfr. anche risoluzione del 10 aprile 2000, n. 44/E), nella quale si considerava l'invio di beni in un altro Paese Ue nell'ambito di un contratto di consignment stock come un'unica operazione nel senso sopra precisato.
Tuttavia, non esistendo una disciplina armonizzata, poteva accadere che il Paese Ue dell'acquirente non avesse previsto semplificazioni. Di conseguenza, il cedente era tenuto all'apertura della partita Iva.
Ebbene, al fine di armonizzare la disciplina dell'istituto in commento, è intervenuta la Direttiva (Ue) 2018/1910 che ha introdotto l'articolo 17-bis nella Direttiva 2006/112/CE a decorrere dal 1° gennaio 2020.
Secondo la nuova norma, l'operazione si considera effettuata solo al momento del trasferimento del diritto di disporre dei beni come proprietario in favore del soggetto destinatario. Nello specifico, in virtù della nuova norma, l'intera operazione di call off stock non è più fittiziamente distinta in due operazioni, ma costituisce una cessione e un acquisto intraUe che si realizzano dopo l'effettivo trasferimento dei beni dallo Stato del cedente a quello del futuro acquirente, ovvero quando quest'ultimo preleva i beni stoccati.
La norma individua anche il termine entro cui la suddetta operazione deve essere perfezionata: 12 mesi dall'arrivo dei beni. Il decorso del termine senza che l'acquirente abbia prelevato i beni e senza che gli stessi ritornino nello Stato membro di partenza, comporta il ritorno alle regole generali sugli scambi intraUe. Sicché il trasferimento dei beni rileverà come cessione intraUe assimilata (trasferimento a "se stesso"), con il conseguente obbligo per il cedente di assumere una posizione fiscale Iva nello Stato di arrivo.
Anche il legislatore nazionale con disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 (non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale), ha recepito la riforma e ha predisposto le norme articolo 38-bis e 41-bis Dl 331/1993, per allineare l'ordinamento interno a quello unionale.
Nello specifico, il legislatore nazionale disciplina il regime di call-off stock, in termini speculari, in riferimento al lato degli acquisti e a quello vendite dell'intera operazione che si svolge sul piano Ue.
Sicché, l'operatore (soggetto passivo) che trasferisce beni della sua impresa da altro Stato Membro nel territorio dello Stato non effettua un acquisto intraUe se: 1. trasporta (direttamente o tramite terzo), in un magazzino situato nello Stato, beni che un altro soggetto passivo (già individuato nel contratto) avrà diritto di acquistare; 2. non ha in Italia la sede della propria attività economica o una stabile organizzazione; 3. gli è noto, fin dall'inizio del trasporto, l'identificativo Iva del soggetto destinatario dei beni.
Laddove tali condizioni sono soddisfatte, l'acquisto intraUe si considera effettuato dal suddetto destinatario, purché questi, entro 12 mesi dall'arrivo dei beni nello Stato, acquisti la proprietà dei beni (tale ultima circostanza per lo più si realizza con il prelievo della merce dal magazzino).
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