Imposte

Con la nuova Cila niente revoca dei bonus anche con abusi edilizi

I benefici fiscali con una Cilas corretta non si perdono neppure in presenza di irregolarità urbanistiche precedenti

di Guglielmo Saporito

contributi (bonus) fruiti su immobili con abusi edilizi hanno ottenuto una sorta di immunità dal rischio di sanzioni previste dall’articolo 49 del Dpr 380/2001 (Tu Edilizia): in base all’attuale articolo 119, comma 13 ter, del Dl 34/2020, la presenza di pregressi abusi edilizi non minaccia infatti più la fruibilità dei bonus. Basta infatti una Cilas (Cila semplificata), priva cioè della ricostruzione dei precedenti titoli edilizi, per assicurarsi la percezione dei bonus: nel procedimento finalizzato ad ottenere i contributi possono anche mancare i passaggi amministrativi antecedenti (licenze, varianti, permessi, autorizzazioni), poiché il superbonus ha una vita amministrativa propria, esente dal generico rischio di revoca che è previsto in generale per tutti gli scostamenti edilizi superiori al 2 per cento (articolo 49 del Dpr 380/2001).

Ora i soli casi di revoca del superbonus sono: mancata presentazione della Cila, interventi realizzati in difformità dalla Cila presentata, assenza della dichiarazione dei dati attestanti che il fabbricato non sia totalmente abusivo, e che nelle attestazioni venga dichiarato il falso.

L’immunità per quanto riguarda i bonus fiscali riguarda tutte le procedure Cila (indipendentemente dal modulo semplificato).

Prima dei bonus del 2020 non si poteva infatti modificare una situazione che non risultasse legittima, essendo in precedenza sempre necessaria una stretta continuità tra i vari titoli precedenti.

I bonus fiscali hanno oggi un percorso diverso, immune da sanzioni edilizie purché vi sia una Cila. Chi aveva dubbi sulla cronologia delle varie autorizzazioni, ora può fruire della Cila semplificata (si veda l’articolo qui sotto). Di ciò si giovano i proprietari di unità immobiliari e gli acquirenti, che diversamente, per vari anni, avrebbero convissuto con l’incertezza di un recupero da parte del fisco, con ingenti sanzioni. Anche i tecnici che curano le pratiche vedono diluite le loro responsabilità, poiché non devono ricostruire i passaggi dei vari titoli abilitativi concessioni dal settembre 1967 in poi.

Per ritenere acquisiti i benefici dei bonus basta quindi una Cila e una dichiarazione circa il titolo edilizio che per la prima volta ha impegnato il territorio (ancor più diluita nei casi di costruzioni ante 1967).

Ma lo scampato pericolo della perdita dei bonus lascia ancora incertezze a causa del comma 13 quater dell’articolo 119 del Dl 34/2020, dove si afferma che resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento. In altri termini, i bonus erogati con una Cila corretta non sono revocabili anche se ne beneficiano immobili con abusi, perché la pubblica amministrazione mantiene integri i propri poteri di accertamento dell’assenza di abusi.

Per comprendere quali siano tali poteri di accertamento occorre focalizzare i termini usati dal legislatore nell’articolo 119, comma 13 quater (che parla di poteri dell’«amministrazione»): si tratta di poteri non solo comunali, ma anche della Regione e degli enti preposti alla tutela dei vincoli (Soprintendenze, ministeri, enti Parco), tutte le volte che tali enti si affianchino ai Comuni nella tutela del territorio.

Stesso ragionamento riguarda i requisiti prestazionali e l’agibilità, la statica, prevenzione da incendi e da infortuni: il legislatore, con il comma 13 quater, ha inteso evitare che il bonus fiscale possa rappresentare un salvacondotto dietro al quale potrebbero consolidarsi gravi errori non solo di pianificazione (abusivismo edilizio), ma anche funzionali, relativi alle prestazioni minime dei manufatti.

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