Il CommentoControlli e liti

Con la riforma del processo tributario un ruolo da mediatori per gli attuali giudici

Le commissioni potrebbero diventare organi di mediazione obbligatoria per facilitare l'accordo

di Andrea Carinci

Sta per ripartire la macchina di riforma della giustizia tributaria. Era ora, verrebbe da aggiungere. Le intenzioni sono lodevoli e l’auspicio è che, questa volta, si faccia sul serio. Sennonché, è opportuno prima domandarsi che cosa della giustizia tributaria va riformato.

Occorre cambiare il rito, ossia il Dlgs 546/1992? Fra gli addetti ai lavori, in pochi hanno da ridire sul rito: è infatti piuttosto agevole, rigoroso quanto necessario senza essere ingessato, con formalismi mai fini a sé stessi.

Le criticità tradizionalmente lamentate sono il divieto di prova testimoniale e il giudizio di Cassazione. Riguardo al primo, si tratta di una limitazione che trova ragione nella tradizionale diffidenza verso la “credibilità” dei cittadini, naturalmente sodali verso lo Stato tassatore. Che sia attuale e giustificata oppure no, sarebbe opportuno rivisitare almeno in parte i termini del limite alla prova testimoniale, fermo il rischio che una fase istruttoria nel processo tributario finirebbe per comprometterne la celerità.

Riguardo la seconda criticità, il problema viene da lontano: il giudizio in Cassazione, infatti, non segue le regole del processo tributario. È il giudizio civile, di cui al Codice di procedura civile, che torna applicabile al giudizio tributario… con tutte le criticità di quest’ultimo. Ancora una volta, non è un problema di rito (se non per le criticità proprie del rito in Cassazione). È un problema di ruoli e di funzioni del giudice.

A rigore, quindi, non è il rito che va ripensato, ma gli interpreti di questo rito. I giudici (ma anche i professionisti). Ciò di cui maggiormente ci si lamenta riguardo alla giustizia tributaria è che è stata affidata a giudici non togati; ossia a soggetti che non sono necessariamente esperti conoscitori della materia e che, peraltro, vengono pagati “a cottimo”. La giustizia tributaria, si dice così, non ha ancora meritato un giudice professionale, nonostante la numerosità e l’entità delle liti ne facciano una delle principali giurisdizioni.

Le ragioni storiche di questo assetto sono a tutti note, ma non si giustificano più. Ecco allora che oggetto di una riforma dovrebbe essere, semmai, il Dlgs 545/1992, ossia gli organi di giustizia tributaria, che andrebbero riformati per assicurare una loro professionalizzazione nei temi del diritto in generale (commerciale e civile in primis), di quello tributario ma anche delle scienze aziendali. Ma anche del processo, perché, per quanto “essenziale”, il rito tributario ha comunque regole processuali che lo scandiscono e che debbono essere osservate.

Con un giudice professionale, la qualità delle sentenze dovrebbe migliorare e questo avrebbe come naturale esito una riduzione dei casi per cui si va in Cassazione. Dovrebbe migliorare la tenuta delle sentenze di merito in Cassazione, oggi particolarmente bassa. A corollario, poi, si potrebbe avere anche una Cassazione tributaria, parimenti “professionalizzata”.

Tutto facile? In verità no, Cruciale è il ruolo da riservare agli attuali giudici: per ragioni varie, anche anagrafiche, appare infatti difficilmente immaginabile una loro massiva professionalizzazione. Sarebbe però assurdo perdere l’esperienza che hanno comunque maturato.

L’idea potrebbe essere quella di trasformare le attuali commissioni tributarie in organi di mediazione obbligatoria, dove le parti sarebbero costrette a tentare di risolvere le controversie. Per tutte le cause, indipendentemente dal valore di lite.

Molte controversie presentano aspetti valutativi dove i profili di diritto sono trascurabili; cause, quindi, dove appare quasi inutile il coinvolgimento di un giudice, mentre si mostra più efficiente un facilitatore di un accordo tra le parti. Facilitatore che dovrebbero essere, a questo punto, le attuali commissioni tributarie, che hanno certamente l'esperienza per farlo.

Solo per quelle controversie che, per ragioni di diritto, non è possibile mediare, ecco che si aprirebbe la strada del processo da svolgere innanzi a giudici professionali.

Attenzione, però, che la professionalizzazione del giudice porta con sé quella dei professionisti della giustizia: oggi, per varie ragioni, il processo tributario di merito “tollera” molto, nel senso che i margini di errore “consentiti” sono ampli. Domani, con giudici professionalizzati, questo non dovrebbe accadere: è una sfida anche per i professionisti del contenzioso.